Cosmetica: perché testare sugli animali, se è possibile formulare metodi che soppiantino la vivisezione?

Il problema reale è che c’è molta confusione circa l’argomento e spesso si assume una posizione per partito preso. Proprio perché la sensibilità relativa a questa pratica è molto forte, le aziende interessate hanno cercato di ammorbidire i cuori degli eventuali consumatori preferendo, alla parola “vivisezione”, cioè sezionare dal vivo, un’espressione meno cruenta: “sperimentazione animale”. Il marketing, però, non è riuscito a occultare i numeri del fenomeno: nei laboratori scientifici muoiono ogni anno dai 300 ai 400 milioni di animali e la maggioranza di questi non è sacrificata per la ricerca scientifica. Importante da sapere, infatti, è che solo il 30% degli esperimenti riguarda la medicina, il restante investe il settore della cosmesi e del reparto bellico e chimico. Per quanto riguarda il settore farmaceutico, per legge, i nuovi farmaci devono essere testati prima sugli animali e poi sugli esseri umani;un numero crescente di ricercatori, però,ha contestato la validità scientifica di queste procedure poiché ha sostenuto servano più agli interessi dei ricercatori stessi che non alla tutela dei consumatori. In materia di prodotti cosmetici, invece, in ottemperanza alle direttive europee del 2003, è stato approvato il decreto legislativo n.50 del 2005. Il decretoha vietato di testare i prodotti finiti sugli animali e ha anche imposto che entro il 2013 tutti i test debbano essere archiviati, a condizione che si trovino metodi alternativi ugualmente efficaci. La validazione di un metodo, però, può essere molto lunga, anche 10 anni, per questo non sono ancora disponibili molte alternative. Il centro, operante a livello europeo, che si occupa di validare questi metodi alternativi, senza il sacrificio di animali, si chiama ECVAM (European Centre for the Validation of Alternative Methods)e si trova a Ispra (Varese).Di seguito riportiamo due esempi di attuale sperimentazione e i relativi metodi che potrebbero sostituirli.
1. Effetto tossico da valutare: Irritazione della pelle. Test: Draize cutaneo per la commercializzazione di tutti i prodotti a contatto con la nostra pelle. Fondotinta e creme vengono spalmate sulla pelle rasata o scorticata degli animali, di solito cavie, topi e conigli, ma anche cani e gatti. Successivamente, la pelle viene asportata ed esaminata per valutarne il grado di irritazione.
Il metodo sostitutivo è “Skin 2” che utilizza una speciale cultura di pelle umana.
2. Effetto tossico da valutare: irritazione dell’occhio. Test: Draize oculare per testare i prodotti a contatto con i nostri occhi. Gli shampoo, le creme, i mascara vengono messi negli occhi dei conigli albini, particolarmente sensibili,per ore o giorni, valutando infine l’infiammazione dell’iride e la distruzione della cornea. Il coniglio, durante questo esperimento, è immobilizzato in apposite gabbie di contenimento, in modo che abbia la testa bloccata.
Il metodo sostitutivo è il Test di Bettero, che utilizza una lacrima umana in cultura.
Test simili sono effettuati sull’animale vivo. Basta fare una ricerca in internet, per imbattersi in orribilifoto dei nostri amici pelosi, gatti e cani, conigli e scimmiette, mentre subiscono vere e proprie torture in laboratorio, o dopo essere stati vittime della vivisezione, in condizioni tragiche –scuoiati e sanguinolenti – con lo sguardo sofferente e terrorizzato, che sembra chiedere: “Perché?”.
Nonostante sia obbligatorio verificare solamente le nuove sostanze, alcune aziende continuano a testare anche i prodotti finiti. Famose multinazionali dichiarano di optare per questa scelta al fine di garantire ai propri consumatori una maggiore sicurezza; da più parti, invece, si sostiene che queste società, in realtà,continuino a fare ulteriori test sugli animali solo per ottenere dati relativi alla tossicità dei prodotti,da potere poi utilizzare per difendersi, in caso di eventuali processi legali intentati dai clienti. Il consumatore deve sapere, quindi, cosa acquista e cosa si cela dietro a una certa marca, ma allo stato attuale lo scenario è poco confortante. Esistono, infatti, solo autocertificazioni da parte delle stesse aziende produttrici e pochi enti certificatori come l’ICEA (Istituto Certificazione Etica Ambientale) che concedono al prodotto la dicitura “cruelty-free” (non testato su animali). Nessun prodotto è completamente “cruelty-free” perché tutte le sostanze sono state sperimentate su animali, in anni passati; quello che si può fare è evitare di acquistare prodotti con ingredienti di nuova generazione, che devono essere quindi obbligatoriamente testati. Fra i marchi “cruelty-free”, sono annoverati Athena’s, Coop, Helan, L’Erbolario, L’Occitane, Lush, The Body Shop, Yves Rocher. La Lav (Lega Anti Vivisezione) si è fatta portavoce di una raccolta di firme, per evitare il possibile slittamento dell’entrata in vigore del divieto totale di testare materie prime cosmetiche su animali, attualmente prevista per l’11 marzo 2013; chi volesse sottoscrivere la petizione può collegarsi al sito: www.lav.it/index.php?id=1702

Ilaria Piermatteo