I pony express ecologici: consegnano in bici

É l’1 settembre 2008 e il delivery ecologico su due ruote ha già fatto la sua apparizione nelle maggiori città del vecchio continente. Meglio tardi che mai, dunque, anche se, almeno nell'Italia del traffico caotico, Milano è la prima a introdurre sulle strade i “messaggeri”, che invece del motore si accontentano di un paio di gambe allenate e una bici da corsa leggera. Ci voleva la crisi perché lo sbarco avvenisse. A importare l'idea sono Roberto Peia, giornalista sandonatese cresciuto nella Metanopoli a misura d'uomo voluta da Mattei, Andrea Vulpio, chef, e Luca Pietra, ingegnere. Due anni fa si sono visti chiudere in faccia le porte delle rispettive occupazioni, restando senza lavoro, ma invece di incaponirsi a bussare per farsi riaprire, il trio ha deciso di intraprendere una nuova pista professionale, totalmente verde. Oggi Peia mantiene solo una piccola collaborazione coi giornali, mentre cuoco e ingegnere hanno spento i fornelli e messo da parte la laurea per dedicarsi a tempo pieno alla società. L'audacia li ha premiati: le commesse continuano ad aumentare, risparmiando ai nostri polmoni tonnellate di CO², e l'elenco dei clienti che si sono affidati a Ubm è lungo e costellato di nomi eccellenti. Prada, Europ Assistance, Henkel, Canova e molti altri. Il sito (www.urbanbm.it ; telefono: 02 45558500) ha accolto oltre seicento registrazioni di aspiranti ciclisti. «Soprattutto giovani: studenti, precari, disoccupati, cassintegrati. Stiamo misurando il polso di questa crisi, che è reale» dice Peia. «Il fatto di poter offrire chance lavorative rientra nella volontà di essere ecologicamente ed eticamente sostenibili. Non garantiamo grandi entrate, ma un lavoro bello, qualche soldo e una copertura assicurativa di cui andiamo orgogliosi». Forte di questo numeroso esercito di pedalatori, i bike messengers milanesi nutrono una speranza ambiziosa. Riuscire a espugnare la fortezza Expo 2015, aggiudicandosi la succulenta partita delle distribuzioni. «La risposta delle istituzioni è stata lenta, non hanno la stessa elasticità delle aziende, nel cogliere le innovazioni e il business, ma si è concretizzata una ventina di giorni fa», racconta Peia. Dopo un contatto con il sindaco Letizia Moratti, sono riusciti finalmente a incontrare la segreteria dell'assessore alla salute Landi di Chiavenna, interessato a Ubm. I Bike messengers sono veloci e competitivi, donano un'immagine “green” alle imprese che se ne servono e riescono a dribblare il traffico, ma devono fare i conti con una città ostile ai ciclisti. «Serve una rete di ciclabile estesa a tutta la città, che consenta un uso quotidiano della bici. Bisognerebbe ridurre la velocità in molte strade, chiuderne alcune al traffico, come si è felicemente sperimentato in via Dante, in centro, e dare alle bici la possibilità di andare in contromano nei sensi unici, provvedimento che, dove applicato, si è dimostrato un regolatore naturale della velocità». Questi gli ingredienti che Peia applicherebbe a Milano, ma anche a San Donato, in cui vive e dove, dice: «non sono stati fatti passi avanti in vista del traffico destinato ad aumentare per i nuovi insediamenti abitativi. Renderei pedonale via Libertà, connetterei la ciclabile sandonatese a quella di San Giuliano e ne creerei una per arrivare a Milano da Santa Giulia e Ponte Lambro». I progetti futuri non escludono un'espansione del servizio a San Donato. A dirla tutta, dopo che molte città della penisola hanno seguito l'esempio milanese, gli sforzi oggi sono in direzione di un network di pony express a due ruote a livello nazionale. «Stiamo sempre meno in sella e sempre più attorno al tavolo riunioni a pianificare accordi. Ma va bene così», scherza Peia.