Franco Lucente (FDI): «Sacchetti a pagamento per la frutta? Un'altra stangata per i consumatori»

Continua la polemica sul provvedimento che ha portato all’obbligo di utilizzo dei sacchetti (semi)biodegradabili, Lucente rincalza: «Una misura assurda, nemmeno prevista dalle normative Europee»

Franco Lucente, sindaco di Tribiano, Fratelli d'Italia

Franco Lucente, sindaco di Tribiano, Fratelli d'Italia

«Provvedimento che ha benefici dubbi sulla salvaguardia ambientale»

A tenere banco in questi primi giorni del nuovo anno, è la discussione riguardante i sacchetti a pagamento per frutta e verdura. Sui social gli italiani si sono scatenati, dando vita a una veemente protesta. Alla base non vi è solo il costo in sé dei sacchetti che varia dai 0,02 ai 0,10 centesimi (fino al 31 dicembre scorso gratuiti per i consumatori) bensì la motivazione che ha portato a tale scelta. Infatti i suddetti sacchetti vengono giustificati in quanto svolta in termini “ecologici”, quando molti di essi sono in realtà biodegradabili solo al 40%. Si poteva guardare alla vicina Svizzera ad esempio, dove si utilizzano sacchetti a retina riutilizzabili e lavabili, destinati proprio a frutta e verdura. Inoltre ci si è chiesto se si trattasse di una scelta obbligata, o in qualche modo dettata dalle normative europee, è la risposta è negativa. 

Sull’argomento si è espresso anche Franco Lucente, sindaco di Tribiano e candidato per Fratelli di Italia alle prossime elezioni Regionali: 
«Ce lo chiede l'Europa? Nient'affatto. È il governo Gentiloni che attraverso un odioso diktat ha messo la "taglia" sulle buste per prelevare frutta e verdura negli esercizi commerciali. Una misura – dichiara Lucente attraverso un comunicato stampa - che non ha contatto con la realtà, assurda perché non è nemmeno prevista dalla direttiva europea attraverso la quale si è cercato di giustificarla. Eppure, infilato in un emendamento del D.l. Mezzogiorno, l'anno è iniziato con questo ulteriore provvedimento che pone a carico dei consumatori un nuovo costo: a seconda della frequenza degli acquisti, varia su base annua dai 20 ai 50 euro (in base alle stime fatte dalle associazioni dei consumatori) a famiglia. Non posso dunque che essere contrario. Perché il rispetto dell'ambiente è un obiettivo da perseguire, ma gli effetti che un provvedimento del genere produce sono chiari solo per le tasche dei cittadini: la misura adottata ha, invece, benefici dubbi sulla salvaguardia del nostro mare, dell'aria che respiriamo, del territorio in cui viviamo, non è dunque ammissibile se non profondamente ingiusta».

Fino al 2017 non era obbligatorio l’utilizzo dei sacchetti nel reparto frutta e verdura delle rivendite, ma con questa nuova regola, anche apponendo lo scontrino della pesa direttamente su un arancia o una mela, il prezzo tiene già conto a prescindere del costo del sacchetto, che risulterà di conseguenza nello scontrino finale della spesa. 

Un provvedimento che va solo a intaccare le tasche dei cittadini, e che ha invece prodotto la fortuna di altri. Come già evidenziato da Libero e da altre testate, le polemiche riguardano anche la Novamont, azienda che detiene il brevetto di questa particolare bioplastica (mater-bi). Il motivo? L’amministratrice delegata, Catia Bastioli, aveva ricevuto la nomina di presidente di Terna, al vertice della società a controllo pubblico, quando al governo c’era Matteo Renzi, prestandosi altresì come oratrice alla Leopolda del 2011. In realtà, nonostante la Novamont sia leader europeo del settore, ci sono altre 150 aziende che producono questa tipologia di sacchetti, quindi non sarebbe stata l'unica ad aver tratto vantaggi dalla misura imposta dal governo Gentiloni.