Sentenza storica, l’uso eccessivo del telefonino potrebbe aver causato il cancro al cervello: Inail condannata a pagare

A stabilirlo è stato il Giudice del Lavoro Dr. Luca Fadda del Tribunale di Ivrea. La sentenza impone all’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro di corrispondere una rendita vitalizia a Roberto Romeo

Si segnala la pubblicazione di una sentenza con n. 96/2017 emessa dal Tribunale di Ivrea – Giudice del Lavoro,  Dr. Luca Fadda – all’esito del procedimento RG n. 452/2015, che ha condannato l’Inail a corrispondere una rendita vitalizia per malattia professionale al dipendente di un’azienda di telefonia italiana che, per ragioni di lavoro, avrebbe utilizzato per oltre un decennio e per diverse ore al giorno il telefono cellulare fornito dall’azienda senza protezioni, esponendosi ad un danno poi quantificato in un’invalidità biologica permanente del 23%.
In attesa di leggere più puntualmente le motivazioni della sentenza, si riassume qui di seguito brevemente la storia.
Il Sig. Roberto Romeo, dipendente di 57 anni di una nota società di telefonia italiana, dopo diversi anni di servizio e di utilizzo per parecchie ore al giorno del cellulare senza uso di auricolari o attraverso il vivavoce, ha accusato la sensazione di avere l’orecchio destro tappato, motivo per cui si è rivolto ad un otorino e si è sottoposto a delle terapie presso l’Ospedale S. Luigi di Orbassano, nella convinzione iniziale che si trattasse di un’infezione batterica. A seguito di un controllo più accurato, attraverso una risonanza magnetica, nel dicembre del 2010 scopre trattarsi di un tumore benigno molto grosso che occupava buona parte del cervello. Così fu sottoposto ad intervento chirurgico di asportazione del neurinoma e del nervo acustico, con la conseguenza che oggi il malcapitato non sente più dall’orecchio destro e ha una paralisi vicino alla bocca. Inoltre, in sala operatoria racconta di aver contratto la meningite. Dopo una lunga convalescenza e con dietro tutte le conseguenze invalidanti che ne sono derivate, oggi il Sig. Roberto Romeo rende nota ai più la sua storia, da cui ha tratto origine l’iniziativa giudiziaria finalizzata al riconoscimento della ridetta malattia come “professionale”.
Orbene, diversi studi scientifici svolti nel 2011 in particolare che associano la malattia denunciata a un’esposizione particolarmente importante a campi elettromagnetici, nonché, il congruo periodo di latenza di quindici anni tra l’esposizione e l’insorgere della malattia, ha indotto a ritenere che il neurinoma contratto dal ricorrente fosse “più probabile che non” da attribuire alle esposizioni derivanti dal lavoro svolto.
Questa vicenda giudiziaria che individua la plausibilità dell’effetto oncogeno delle onde elettromagnetiche dei telefoni mobili (soprattutto quelli di prima generazione e in circostanze in cui il segnale non è ottimale, e, così, in auto e con il veicolo in movimento), trova un precedente in una questione trattata in Corte d’Appello a Brescia, e poi, conclusasi con una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione nel 2012, n. 17438. La storia riguardava il responsabile commerciale di una multinazionale che per l’uso lavorativo “protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all'orecchio sinistro aveva contratto una grave patologia tumorale” nota come “neurinoma del Ganglio di Gasser” (tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico trigemino), con esiti assolutamente severi nonostante le terapie, anche di natura chirurgica, praticate”. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza richiamata, ha confermato la bontà della sentenza n. 614/2009 pubblicata il 22.12.2009 della Corte d’Appello di Brescia che aveva condannato l’Inail a corrispondere una rendita per malattia professionale prevista per l’invalidità all’80%.
La Corte territoriale di Brescia – si legge nella sentenza della Suprema Corte –, infatti: “ritenne di dover seguire le conclusioni a cui era pervenuto il CTU nominato in grado d'appello, osservando in particolare quanto segue: i telefoni mobili (cordless) e i telefoni cellulari funzionano attraverso onde elettromagnetiche e, secondo il CTU, "In letteratura gli studi sui tumori cerebrali per quanto riguarda il neurinoma considerano il tumore con localizzazione al nervo acustico che è il più frequente. Trattandosi del medesimo istotipo è del tutto logico assimilare i dati al neurinoma del trigemino"; in particolare era stato osservato che i due neurinomi appartengono al medesimo distretto corporeo, in quanto entrambi i nervi interessati si trovano nell'angolo ponto-cerebellare, che è una porzione ben definita e ristretta dello spazio endocranico, certamente compresa nel campo magnetico che si genera dall'utilizzo dei telefoni cellulari e cordless. (…) L'analisi della letteratura [dell’epoca] non portava ad un giudizio esaustivo, ma, con tutti i limiti insiti nella tipologia degli studi, un rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali, ed in particolare per il neurinoma, era documentato dopo un'esposizione per più di 10 anni a radiofrequenze emesse da telefoni portatili e cellulari; tale tempo di esposizione era un elemento valutativo molto rilevante, poiché, nello studio del 2006, l'esposizione per più di 10 anni comportava un rischio relativo calcolato di 2,9 sicuramente significativo; si trattava quindi di una situazione "individuale" che gli esperti riconducevano al "modello probabilistico-induttivo" ed alla "causalità debole", avente comunque valenza in sede previdenziale; doveva dunque riconoscersi, secondo il CTU, un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato, configurante probabilità qualificata”.

Avvocato Luigi Lucente

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