9 novembre: i frammenti ancora da raccogliere del Muro di Berlino

A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, quale eredità ci resta?

Berlino, 9 novembre 1989

Berlino, 9 novembre 1989 La caduta del Muro

L'anno era il 1989, il giorno il 9 novembre. Quando alle 23.30 la guardia Harald Jager aprì il primo varco e la gente di Berlino Est cominciò a riversarsi incredula verso quel mondo sconosciuto, finiva un'epoca e se ne apriva un'altra. Dopo nemmeno 50 anni, il sogno socialista, che ormai si era trasformato in un incubo, veniva spazzato via dal gesto di una mano. 
Allora fu chiaro che un certo sistema aveva vinto e un altro aveva perso. Oggi, a distanza di un quarto di secolo, c'è una concordia quasi massima nel vedere quello spartiacque come un evento straordinariamente positivo per l'umanità. Le picconate liberatorie, gli abbracci tra le persone tenute forzosamente separate per quasi trent'anni, la libertà, la speranza e le aspettative. Quella lunghissima cortina di calcestruzzo che fu sbriciolata pezzo per pezzo dopo il 9 novembre non smette di esercitare un fascino evocativo quasi unico, anche tra chi quel giorno non era ancora nato e legge le pagine della Guerra Fredda da un libro di storia o da un articolo di giornale.
Da quel giorno, il crollo del muro è diventato un sinonimo della forza trascinante del cambiamento.
E dopo, cosa successe? La domanda, nonostante il passare del tempo, non ha ancora trovato una risposta precisa. È evidente che per le popolazioni dell'Est europeo complessivamente si trattò di un beneficio e oggi sono sicuramente una stretta minoranza quelli che vorrebbero tornare sotto i regimi filo-sovietici. Per quanto riguarda il blocco occidentale, giudizi e punti di vista sono da sempre discordanti. Non è comunque mistero che ci sia una nutrita frangia di filosofi, politici e sociologi che ritiene che la caduta del Muro sia stato un male per l'Occidente, perchè ha rappresentato l'inizio della globalizzazione e la conseguente perdita di quell'equilibrio sociale e militare che era invece garantito quando il mondo era diviso in due blocchi. 
Per trovare un punto d'intesa, si potrebbero citare le parole di Winston Churchill: «Il capitalismo è l'ingiusta ripartizione della ricchezza; il socialismo è la giusta condivisione della miseria». In sostanza, nessuno dei due sistemi è perfetto, ma probabilmente uno dei due è meno peggio dell'altro. La sindrome del capitalismo come male minore è l'eredità più vera e scomoda che ci lascia il 9 novembre 1989.
Per questo, è forse meglio tornare al Muro sul piano emozionale, pensare al peso di quei blocchi di cemento armato che oggi appaiono straordinariamente leggeri, esposti nelle piazze delle più importanti città del mondo, a ricordare un'idea di libertà e di stravolgimento. E Berlino resta un luogo etereo e misterioso, un orizzonte impalpabile, la sottile linea di confine tra quello che siamo e quello che potremmo essere.
Davide Zanardi