Berlusconismo e renzismo: ecco cosa (non) è cambiato

Quando a scuola la grammatica italiana era ancora una materia, le insegnanti erano solite ripetere che le parole che finiscono in «ismo» hanno di solito un'accezione negativa.

Davide Zanardi

Davide Zanardi Editorialista

Se essere virtuosi è un bene, essere virtuosisti lo è di meno. Stessa cosa nell'essere buoni rispetto all'essere buonisti. Gli «ismi» evidenziano le caratteristiche più vacue e superficiali di una qualità, e trovano la loro migliore interpretazione nel territorio della politica. Oggi, ad esempio, l'ascesa di Matteo Renzi porta con sè un'ondata quasi naturale di «renzismo», che può essere inteso più come un fenomeno di costume che come un pensiero. Che cosa sia, è difficile e forse anche inutile cercare di spiegarlo. Secondo Andrea Scanzi, «il renzismo è sete di potere, ambizione sfrenata, dilettantismo ai massimi livelli, autoritarismo sbarazzino, slogan e promesse, hashtag e supercazzole». Insomma, un quadro molto incoraggiante.
Ma più che dare un significato al fenomeno, è interessante notare alcune caratteristiche dei suoi seguaci, i «renziani» per l'appunto. Una di queste è l'attitudine all'ottimismo, che in realtà si rivela quieta rassegnazione. Il messaggio ricorrente del simpatizzante renziano è più o meno questo: «Speriamo che combini qualcosa lui, perchè altrimenti è tutto finito». Un pensiero molto simile a quello in voga ai tempi del pre-renzismo, cioè il berlusconismo.
Un altro aspetto che avvicina in maniera preoccupante gli uni agli altri è l'incapacità di percepire la sindrome del Gattopardo: il renzismo ha  fiducia nel suo leader perchè convinto che sia «l'unico in grado di cambiare le cose», ma non si accorge che le azioni di governo, apparentemente decise e perentorie, tendono sempre a modificare la forma, quasi mai la sostanza. Con Renzi è un turbinare di proposte di riforma, ordini del giorno straordinari, votazioni, colpi di fiducia, ma nella sua essenza il paese resta lo stesso, col suo declino e le sue storiche e insanabili contraddizioni (vedi l'incapacità del Parlamento di eleggere i giudici costituzionali). Insomma, tutto cambia affinchè in realtà non cambi niente. L'elettore renziano, poi, è assolutamente evanescente. Si fa vedere soltanto nella segretezza del seggio, poi scompare. Ricordate quando tra amici e conoscenti si parlava di politica e su 10 persone almeno 9 criticavano ferocemente Berlusconi? Poi la settimana successiva alle elezioni il Cavaliere prendeva 15 milioni di voti. Con l'ex sindaco di Firenze sta accadendo più o meno la stessa cosa. Nessuno lo vuole, ma tutti se lo pigliano. Forse perchè Matteo, proprio come Silvio, ha la grande capacità di mettersi in sintonia con la pancia del popolo, con le sue paure e le sue aspettative. Al di là di ciò che facciamo e diciamo, in fondo, siamo tutti berlusconiani. Cioè, renziani. Insomma, italiani.

1 commenti

Donatello De Mercurio :
Davide, scusami se mi concedo di darti del "Tu", ma quanto hai scritto è una perfetta sintesi del mio pensiero politico. Complimenti! | venerdì 31 ottobre 2014 12:00 Rispondi