Brasile, Coppa del Mondo 2014: ce ne siamo lavati le mani

di Giulio Carnevale.
Sono lontani ormai i tempi dei Mondiali in Argentina del 1978 dove, ancora bambino, stavo in piedi tutta notte a guardare le partite del Campionato del Mondo di calcio trasmesse da mamma Rai. Era un’occasione per noi piccoli di avere argomenti per parlare con quelli più grandi, perfino col nostro vecchio riuscivamo a scambiare qualche opinione.

Un evento che coinvolgeva tutti, si stava insieme senza differenza di classe sociale. Gli anni Settanta furono anche gli anni di piombo, anni duri, anni bui. Per noi piccoli era la prima occasione di sentire il sentimento di amor patrio scorrere nel sangue. Finalmente sentivamo di appartenere a qualcosa di più grande della comunità che conoscevamo. Niente contrasti, nessuna discussione, eravamo lì, tutti insieme a gridare “forza azzurri”. Il mondo sembrava più bello. Il calcio ha sempre messo tutti d'accordo, ci siamo sentiti uniti come non mai dopo la vittoria del 1982. La geografia la imparavamo cercando le squadre dei Mondiali sul mappamondo, approfondendo sugli atlanti gli usi e i costumi di quelle terre che ci sembravano lontanissime e irraggiungibili. Giocando al Subbuteo rigiocavamo le partite dei Mondiali, ognuno di noi con la sua squadra preferita. E così ad ogni Mondiale le aspettative erano sempre alte, un lampo di gioia collettiva che accantonava momentaneamente i problemi quotidiani. Ad alcuni può non piacere, ma non c'è argomento in Italia che appassioni di più; alla vigilia dei Mondiali diventiamo tutti commissari tecnici, uomini e donne, ragazzi e ragazze. Questi Mondiali però lasciano l'amaro in bocca.
Proteste per il Mondiale in BrasileIn Brasile la partita inaugurale è stata infatti preceduta da manifestazioni di protesta organizzate a Rio de Janeiro - e in altre città - dalle diverse organizzazioni e comitati che compongono il fronte “No Copa”, che riunisce nella protesta contro le spese per l’organizzazione dei Mondiali studenti, sindacalisti, insegnanti, contadini senza terra, disoccupati, abitanti delle favelas e senzatetto. I supporter del Mondiale relegano le proteste a effetti collaterali della crescita, del progresso e dell'occupazione che garantisce la competizione di calcio globale. Un’occasione persa per avviare il dialogo con chi ogni giorno lotta per sopravvivere; la “Copa” - come la chiamano in Brasile - avrebbe potuto svolgersi ugualmente con una visone differente che tenesse in considerazione le ragioni di molti e non dei pochi speculatori, il più delle volte esponenti di spicco di giganteschi comitati d'affari a cui aderiscono politici, militari e aguzzini. La Fifa se ne è lavata le mani, e forse anche molti di noi; un’occasione persa.