Il pluralismo e il muro mentale da valicare


Nell’ambito dell’informazione, essere pluralisti vuol dire innanzitutto essere rispettosi e tolleranti verso le idee che non ci appartengono. Memorizziamo bene: rispettosi e tolleranti. Parole che sembrano spesso lontane anni luce dal nostro modo di intendere le cose. Non perché normalmente gli organi di informazione abbiano un atteggiamento dittatoriale, quanto perché la nostra natura di esseri pensanti ci porta a credere che difficilmente chi ha idee diverse dalle nostre potrà insegnarci qualcosa. E questo è un limite insormontabile per comprendere quel senso di tolleranza che è il sale dell’eterogeneità dell’informazione.
La politica, in questo senso, come al solito offre un cattivissimo esempio: non solo perché mira a espandersi verso ambiti che non le sono propri (come ad esempio la comunicazione), contaminandoli e assoggettandoli a sé, ma soprattutto perché tende a tirar fuori il peggio degli uomini, per lo meno in termini di libero pensiero. L’idea politica è spesso una gabbia che non consente di allargare le prospettive oltre il proprio credo.
Noi, che nel nostro piccolo facciamo informazione, non dovremmo dimenticare che, superato il puro fatto di cronaca, tutto il resto è opinione, interpretazione, racconto personale di una realtà che per forza di cose è relativa e non assoluta. La grande opportunità che dà la comunicazione è quella di spostare il punto di vista, analizzare le cose da prospettive diverse, senza convincersi mai che ciò che pensiamo corrisponda a una verità incontrovertibile. Ecco perché credere nel pluralismo significa innanzitutto considerare l’interlocutore non soltanto come qualcuno da rispettare, ma addirittura come un fattore di crescita personale. Anche se la pensa in maniera diametralmente opposta alla nostra.

Davide Zanardi