L'insegnamento del PII di Bellaria: ecco i progetti da non ripetere

A pensarci bene, nella stragrande maggioranza delle situazioni, quello per la casa è il più grosso investimento della vita. E non soltanto economico. È sufficiente fare un calcolo del numero di ore che trascorriamo nelle abitazioni di proprietà per valutarne il “peso” nella nostra esistenza.

Nonostante questo, anche la casa ricade spesso in un contesto produttivistico-consumistico rozzo e superficiale. È imbarazzante vedere la quantità esorbitante di pessimi alloggi che vengono messi sul mercato, come se una dimora fosse assimilabile a un paio di scarpe, un vestito o un'auto. Con la piccola differenza che una scarpa, se non funziona bene, la si può buttare senza troppi contraccolpi. Cosa un po' più complicata per un'abitazione.
Il caso peschierese del PII di Bellaria è emblematico. Tra la perseveranza - forse criticabile, ma fondamentalmente corretta - del sindaco Falletta, che ancora non concede l'agibilità agli appartamenti e la frustrazione degli acquirenti, la situazione è da "Urlo" di Munch. Tutti i perché della vicenda scemano tristemente nell'unica verità possibile sui condomini incriminati: il progetto è troppo brutto per essere vero.
Pensare di mandare a vivere decine di famiglie tra un'azienda chimica e una delle strade più trafficate e rumorose d'Italia pareva un grosso azzardo anche ai tempi dell'approvazione del PII. La crisi immobiliare poi ha fatto il resto. Così, nel meno peggiore dei casi, quando la situazione si sistemerà (perché è ovvio che si sistemerà), Peschiera si ritroverà con qualche palazzone mezzo vuoto in più sulla Paullese e i proprietari con qualche centinaio di migliaia di euro in meno sui conti correnti e delle abitazioni che difficilmente varranno più della metà del loro prezzo d'acquisto.
Che i nuovi inquilini siano delle vittime, è fin troppo ovvio. Vittime dello slancio emotivo della bolla immobiliare dei primi anni Duemila, vittime delle campane di richiamo degli speculatori immobiliari che a lungo sono state troppo agevolate nella loro opera di cementificazione del territorio. Vittime, però, anche della loro superficialità e di una scarsa cultura dell'abitare.
Oggi che il danno è stato fatto, non resta che guardare avanti e auspicare che il PII di Bellaria sia il punto di non ritorno di un approccio urbanistico malsano e approssimativo. E sperare che in futuro sia il pubblico a sapersi difendere dai colpi bassi del mercato, evitando di comprare case che si affacciano su statali a sei corsie.
Davide Zanardi