Mazzette e grossi premi economici per il “raggiungimento di obiettivi”

La riflessione di Cesare Mannucci sulla corruzione nel Belpaese e sulle vergogne italiane

Mazzette

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“Indagato per turbativa d’asta per un brutto giro di presunte mazzette e un appalto milionario truccato, sospeso dal servizio in attesa che i giudici compiano il loro dovere, eppure promosso, sebbene per il rotto della cuffia, e soprattutto premiato, con un sostanzioso assegno di 25mila e rotti euro, per la precisione di 25.542,58, che si aggiungono ai circa 150mila euro di stipendio. Il direttore generale dell’Azienda ospedaliera lecchese , 65 anni il prossimo 15 novembre e quindi ormai vicino alla pensione, in quota Lega Nord, ha ricevuto una valutazione di 81,43 punti su un massimo di 100. Il voto, riferito all’attività del 2013, gli è stato attribuito incrociando i dati dei risultati economici con quelli sanitari dell’ente di cui è – anzi, era dato che attualmente risulta appunto sollevato dall’incarico per le pendenze legali – a capo”. Questo è il cuore della notizia riportata in questi giorni dal quotidiano nazionale Il Giorno in merito all’ennesimo caso di corruzione e del malessere profondo che vive da anni la pubblica amministrazione italiana. Lo abbiamo voluto prendere ad esempio perché nella oramai consuetudine dei fatti delinquenziali che si succedono con sistematica periodicità in tutti gli apparati ed enti dello Stato la vicenda in se non farebbe più neanche notizia. Quello che invece nell’attualità della gravissima crisi economica che sta attanagliando da più di quattro anni il Belpaese, è il fatto che casi come questi non sono più tollerabili. Come del resto non è stato tollerabile il premio arrivato ai dirigenti della Protezione civile del comune di Genova pochi giorni prima dell’alluvione che ha devastato la città della Lanterna e che purtroppo ha fatto pure una vittima innocente. Da mesi Pensalibero ha avviato una forte opera di sensibilizzazione contro gli sprechi in atto nella pubblica amministrazione puntando l’indice contro l’asfissiante inutile burocrazia e l’inefficienza che portano a sperperi giganteschi di denaro e alla non realizzazione di opere e servizi primari per la cittadinanza. Sono mesi che abbiamo chiesto al professor Mario Monti, ad Enrico Letta e ora a Matteo Renzi di mettere mano coraggiosamente alla riforma che deve toccare ogni punto della pubblica amministrazione sia in termini di snellimento e modernizzazione delle procedure che regolano la vita di comuni, province, regioni, ministeri e società partecipate di diritto pubblico, sia anche ai numeri del personale tutto in capo allo Stato e alle sue periferiche dislocate sull’intero territorio nazionale. Non è pensabile infatti che in tempi di crisi e di sacrifici che si chiedono ai lavoratori privati italiani, nella pubblica amministrazione si permetta ancora il ben godi garantito addirittura da una arrogante impunità. Fatichiamo a credere che Renzi, due mandati da presidente della provincia e uno da sindaco di Firenze, non si sia mai imbattuto in casi simili a quello che abbiamo riportato in apertura di pezzo. Capiamo benissimo che il premier sia impegnato in mille fronti quotidiani nazionali e internazionali che non gli permettano di seguire da vicino ogni singola attività delegata ai dicasteri ministeriali. Ma da un uomo che arriva dalle trincee avanzate di provincia e comune ci aspetteremmo invece una grande sensibilità su queste tematiche, soprattutto in questi giorni che precedono l’approvazione della legge di Stabilità e i delicati incontri tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Del Rio e il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, il sindaco di Torino Piero Fassino, proprio sui tagli che la legge Finanziaria imporrà ai bilanci e ai conti dei comuni italiani. Visto che Fassino lamenta proprio il taglio di circa un miliardo e 200 milioni sulla spesa corrente dei comuni italiani, un primo significativo atto di riduzione e moralizzazione della spesa pubblica potrebbe essere l’abolizione o perlomeno la sospensione dei premi e delle gratificazione economiche a chi nella pubblica amministrazione è sottoposto ad indagini o a processi per reati contro la pubblica amministrazione. Non ci sembra di chiedere la luna, sarebbe solo un primo passo di riavvicinamento della politica ai problemi reali del paese e alle difficoltà quotidiane degli italiani che giorno per giorno stanno sempre più faticando a far conciliare il pasto con la cena. Se poi il sindaco premier vuole stupirci con la fantascienza cominci a mettere mano ai numeri del personale dell’intera pubblica amministrazione. Davvero tutto il personale che aveva in servizio in comune e nella provincia di Firenze ai tempi dei suoi tre mandati erano veramente tutti efficienti e necessari alla vita e al funzionamento dei due enti?