Quando a professare la fede in Cristo si è in minoranza

La persecuzione dei cristiani ha origini di tipo ideologico, in quanto il Cristianesimo è portatore di diversità e quindi ha un potere di sovvertire lo status quo di queste nazioni e di conseguenza diventa il nemico da colpire e da estirpare. Ogni quattro perseguitati al mondo per motivi razziali, di nazionalità o di religione, tre sono cristiani. Un eccidio di cui ci si ricorda solo quando la soglia del numero di morti supera la decina. Essere cristiano in Nord Africa o in Medio Oriente non significa tanto professare una religione minoritaria e diversa da quella ufficiale (che comporta comunque ghettizzazioni, emarginazioni e violenze), bensì essere percepito come il prolungamento invadente del Cristianesimo occidentale, l’incarnazione in chiave religiosa dell’America politica, di Israele, dell’Occidente ateo e peccatore. Non viene compreso che la tolleranza religiosa serve o servirà anche alle fazioni islamiche, che oggi combattono in modo violento i cristiani. Purtroppo non sempre viene percorso, specie nel campo religioso, il cammino più semplice. E allora il mondo occidentale deve fare di più, che il governo Italiano porti la questione negli ambiti più importanti, come il G8, e che in quelle sedi si possa ottenere un impegno a sollevare il problema della tolleranza religiosa e del rispetto del proprio credo con i governi competenti. Non penso, anche se me lo auguro, che le persecuzioni e le stragi dei cristiani trovino una soluzione a fronte di questo impegno, ma che almeno finisca il silenzio internazionale e che si tenti concretamente di aiutare chi deve essere libero di professare il proprio credo senza il martirio.

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“L'assenza di paura non significa arroganza o aggressività. Quest'ultima è in se stessa un segno di paura. L'assenza di paura presuppone la calma e la pace dell'anima. Per essa è necessario avere una viva fede in Dio” - Gandhi