Renzi, azzardo oppure oculata strategia?

A fine gennaio scrissi: «L’Italia non ha più bisogno di un governo di emergenza ma di un governo di crescita, perché senza la seconda si tornerà alla prima». Io però intendevo un approccio diverso rispetto a quanto successo: riforma elettorale e voto. Il passaggio fatto non mi convince sul metodo perché sino alla riunione della Direzione i pareri espressi andavano nel verso da me sopra auspicato.

Renzi diceva che Letta doveva durare sino al 2015, aveva come obiettivo la riforma della legge elettorale e il governo delle larghe intese era momentaneo e finalizzato alla situazione attuale. Adesso la visione viene spostata al 2018, ci si prefigge di fare molto altro e le alleanze saranno le stesse. Perché Renzi ha deciso di cambiare strategia? Secondo me Renzi ha ritenuto di avere un problema che consisteva nella difficoltà di sopportare un governo sostanzialmente del Pd senza però aver la possibilità di indirizzarne le scelte; questa condizione avrebbe comportato il rischio di un progressivo appannamento della sua segreteria con conseguente caduta della sua credibilità a livello nazionale. Ritengo che la base del nuovo corso dovesse essere diversa, però bisogna dare atto a Renzi che sta ponendo l’interesse del Paese davanti ad ogni cosa anche rispetto al proprio interesse. Se le cose dovessero andare bene, potrebbe governare il cambiamento e addirittura mettere definitivamente fuori gioco Berlusconi che nel 2018 avrà oltre 80 anni. Se invece non ce la facesse, potrebbe sempre imputare i problemi alla coalizione anomala che lo sostiene e andare al voto, ma a questo punto con un Centrodestra probabilmente riorganizzato intorno a Forza Italia e con un Centrosinistra al solito diviso e meno capace di allargare il proprio consenso elettorale. Anche l’accelerazione sulle riforme: febbraio riforma elettorale, marzo riforma del lavoro, aprile riforma fiscale, evidenzia che, probabilmente, Renzi ha compreso che il percorso delle riforme, senza un suo personale impegno, sarebbe stato pieno d’insidie e di difficile soluzione. Il Pd, che ritengo l’unico partito che possa garantire il cambiamento, ha il diritto/dovere di mettere a disposizione, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, le migliori risorse che ha in termini di competenza e capacità. Perché bisogna guardare al sentire comune della gente che vuole una politica non più autoreferenziale ma, al contrario, più concreta nell’attenzione ai problemi quotidiani delle persone; una politica più attenta al mercato del lavoro, alla riduzione della spesa pubblica, alla riforma fiscale e della giustizia. Al di là delle posizioni e delle idee personali, se dovesse fallire Renzi vorrebbe dire che ha fallito l’idea di rendere il paese Italia simile alle grandi democrazie Europee.