Scappava “col nome di Gorgonzola in bocca”

Alcuni dei quesiti vertevano sulla storia locale e sul grande Arcivescovo; uno di essi, piuttosto “birichino”, recitava così: «Non tutti sanno che Renzo Tramaglino, secondo la geografia dei Promessi Sposi, passò nelle nostre campagne durante la sua fuga verso l’Adda. Sapete dire cosa aveva in bocca in questo tratto di strada?».MONLUE

Per rispondere, i concorrenti contradaioli potevano documentarsi consultando l’immortale romanzo di Alessandro Manzoni; e l’hanno fatto, con quasi totale successo, scoprendo che la risposta esatta era: «col nome di Gorgonzola in bocca». Laddove il termine con la G maiuscola indica la città a Est di Milano, anziché il tipico formaggio con la muffa tanto caro ai lombardi e non solo (ma attenzione: pare che questa cremosa leccornia l’abbiano inventata proprio a Gorgonzola, donde il nome). A beneficio di chi non c’era e di coloro che forse hanno dimenticato come e perché il sommo scrittore tirò in ballo quella curiosa espressione (giocando un po’ sul piano lessicale, ingarbugliando le carte, cosa che ha tentato di fare pure colui che ha formulato la domanda in questione, per la caccia al tesoro), ho deciso di occuparmi, nella mia consueta rubrica mensile di storia nostrana, delle pagine manzoniane nelle quali risuona appunto la voce “Gorgonzola”; anche perché esse dimostrano che il “Don Lisander” conosceva alla perfezione i luoghi in cui ha ambientato i “Promessi Sposi”, nel nostro caso i paeselli e le cascine che andavano dalla metropoli al fiume Adda e oltre.

MULINO LINATEAl capitolo XVI dell’opera, Manzoni racconta dunque che il suo protagonista, la mattina del 12 novembre 1628, scappa da Milano afflitta dalla carestia, dove lo hanno scambiato per un rivoluzionario sfegatato, fomentatore di sommosse e disordini. Mica vero. Comunque ora gli sbirri gli davano la caccia. Per mettersi in salvo, il giovane Renzo decide di fuggire, a piedi ovviamente, nella terra bergamasca, Repubblica di San Marco, in cui non vigeva alcun obbligo di estradizione. Ma anziché puntare subito verso Est calcando la strada Padana superiore che va a Gorgonzola, troppo sorvegliata, quindi per lui pericolosa, si prefigge di raggiungere la meta compiendo un ampio semicerchio. Uscito da Porta Orientale, odierna piazza San Babila, si dirige perciò a Sud, attraversa Lambrate e l’Ortica, lungo la via Cavriana giunge alla cascina Biscioia, zona degli attuali Tre Ponti. Transita quindi per Monlué, e più giù ancora fa sosta a Triulzo di San Donato (alle spalle del capolinea della Metropolitana): qui chiede informazioni a un passante, il quale gli dice che è molto fuori strada, che deve tornare indietro e poi svoltare a destra in un certo punto.LIMITO DI PILTELLO

Detto, fatto. Renzo si immette quindi sulla vecchia Paullese (vie Bonfadini-Vittorini), passa per Morsenchio e davanti all’osteria del Bagutto tuttora esistente (accanto al Centro Cardiologico Monzino), supera il Lambro, ed eccolo a Linate. Ora potrebbe seguitare sull’antica provinciale e capitare a Canzo, ma si rende conto che così facendo si allontanerebbe di nuovo dalla direttrice principale. Imbocca allora un sentiero secondario diretto a Mezzate (via Traversi e poi via Turati; per ricordare il suo passaggio immaginario, un vicolo qui vicino gli è stato intitolato, in unione con Lucia); sorpassata la zona del parco Carengione sbuca sulla via Lombardia, finendo a Longhignana. Mentre cerca la maniera, annota Alessandro Manzoni, di farsi indicare la strada giusta, il nome non sospetto di qualche villaggio di confine, “senza seminar qua e là quella domanda di Bergamo, che gli pareva puzzar tanto di fuga, di sfratto, di criminale”, vede l’insegna di una bettola. Affamato com’è, varca la soglia, e l’ostessa che trova gli serve pane e stracchino (ancora formaggio!). A lei, giocando d’astuzia, il Nostro dichiara di essere diretto a quel “borgo piuttosto grosso, sulla strada di Bergamo, vicino al confine… Come si chiama? - Qualcheduno ce ne sarà, - pensava intanto tra sé”. A Gorgonzola, chiede la donna? “Gorgonzola!, ripeté Renzo, quasi per mettersi meglio in mente la parola”. E così, saputo il nome innocente che deve proferire, dopo aver pagato se ne esce e, continua Manzoni, “col nome di Gorgonzola in bocca, di paese in paese, ci arrivò” al tramonto; la mattina successiva traghetta sull’Adda e mette piede nel territorio della Repubblica veneta, sfinito ma sano e salvo, finalmente fuori pericolo, libero. Sul suo cammino, il Tramaglino era passato per San Felice di Segrate, girando a destra e camminando sulla primitiva Rivoltana si era infilato dentro a Limito di Pioltello, sulla via Roma di oggi; aveva superato la chiesa di San Giorgio, il villaggio di Pobbiano, la cascina San Pedrino a Vignate e poi Liscate, citata dal Manzoni. A proposito della scenetta di Longhignana, il celeberrimo scrittore la fece disegnare da un noto artista, e questo e molti altri disegni inserì nell’edizione illustrata del romanzo del 1840-42.LIMITO VIA DANTE

A fine Ottocento un altro letterato pubblicò invece un libro che cercava di individuare tutti i siti del romanzo non esplicitati dal Manzoni, e sono innumerevoli: si tratta di Giuseppe Bindoni, autore de “La topografia del romanzo i Promessi Sposi” (consultabile on line sul sitowww.archive.org, che consiglio ai lettori). Anch’egli sostiene e conferma che il “gran lombardo” ispezionò di persona i luoghi che furono teatro dell’odissea di Renzo, Lucia e compagni; per cui, conclude, “fossatelli e stradicciole, edifici e località di città popolose e dell’aperta campagna brillano tuttogiorno al sole lombardo, col legittimo orgoglio di testimoniare le tacite predilezioni fruite, e quasi il contatto di un genio”: quello di Alessandro Manzoni.

Prof. Sergio Leondi