Padre Maffi: “Nessuno, qui, deve sentirsi un estraneo”

La caratteristica di questi preti è quella di conoscere benissimo oltre al vangelo anche il Corano. Coltissimi e poliglotti, vanno a spasso in borghese, e credo che neanche il Padreterno sarebbe in grado di riconoscerli a colpo d’occhio in mezzo alla gente. L’ordine Cattolico fu fondato alla fine dell’800 dal vescovo di Algeri,  Charles Lavigerie. Con una decisione che al giorno d’oggi è attualissima fondò l’Istituto e si rivolse ai primi missionari con le parole : “Vous parlerez la langue des gens. Vous mangerez leur nourriture. Vous porterez leur habit” tradotto: “Parlerete la loro lingua, mangerete il loro cibo, porterete i loro abiti.” Ecco spiegato il nome Padri bianchi, gli abiti dei nord Africani erano essenzialmente delle tuniche bianche. Un uomo straordinario di cui è veramente difficile spiegare in quattro righe la forza che lo anima, la fede che lo sorregge, basti pensare che ha trascorso 10 anni in Mali fra la miseria più nera a svolgere il suo computo di missionario fra guerre e carestie. Quando parla del mali gli brillano gli occhi , si vede che ha lasciato un pezzo di cuore fra quelle sfortunate persone. Dopo un decennio d’insegnamento al Pontificio Istituto di Studi Arabi ed Islamistica in Viale di Trastevere a Roma è stato inviato a Tunisi. Abita nel cuore della “Medina” da poco più di una anno,  ma sembra esserci nato. Parla con la gente in arabo senza nessuna difficoltà, e quando attraversa i vicoli della Kasbah per andare a casa nessuno lo scambia per turista. E anche questa è una bella grazia di Dio. Nominato di recente direttore della biblioteca dell’IBLA (Institut des Belles Lettres Arabes), ha trasformato il suo ufficio in un laboratorio di restauro e studio della patologia del libro.  Nel suo ufficio barattoli di colla e strumenti da restauratore la fanno da padrone. 800 mt lineari di voluni scritti , in arabo e latino. Un patrimonio culturale enorme che sancisce il dialogo di secoli fra le due culture monoteiste, L’islam e il Cristianesimo. Riviste censurate dai vari regimi, trattati scientifici, un mondo da tramandare ai posteri. Una biblioteca lasciata in questi anni all’incuria del tempo, migliaia di volumi con la saggezza che solo la storia porta in dote con se. Una “biblioteca di ricerca” fortemente specializzata, dove ogni giorno arrivano studenti e docenti universitari per consultare e raccogliere una documentazione difficilmente reperibile altrove.

Quali sono le attività che svolge nella Biblioteca?

“Nei locali della Biblioteca si tengono regolari incontri con docenti e studenti universitari interessati ad approfondire e a sviluppare il dialogo fra le due culture a cui noi offriamo assistenza. Nessuno, qui, deve sentirsi “un estraneo”. Nell’Institut des Belles Lettres Arabes la diversità è da sempre vissuta come una risorsa, non come un handicap. La rivista, semestrale, da settant’anni raccoglie e propone ininterrottamente interventi qualificati su argomenti e temi attinenti alla storia locale. Esiste anche una “biblioteca per ragazzi” che rappresenta una risorsa preziosa per i tanti studenti che abitano nel quartiere e che trovano, nei locali di questa biblioteca, uno spazio ideale per lo studio”.

Questi sembrano anni tremendi per i rapporti fra due culture  cosi simili ma cosi diverse, quali sono i progressi ?

“Il dialogo fra le due culture, così vicine e nello stesso tempo così lontane, è qualcosa che si può ottenere solo se le persone s’impegnano a riscoprire le radici profonde, le origini più genuine del pensiero sia islamico sia cristiano. Oggi la possibilità di un dialogo del genere appare molto compromessa sia da una situazione politica degenerata e inquinata dai cosiddetti “fondamentalismi”, che pregiudicano in modo serio, dall’una e dall’altra parte, ogni possibilità di incontro, sia dalla superficialità con la quale gran parte di cristiani e musulmani vivono le rispettiva identità culturali. In queste condizioni trionfa l’indifferenza e l’incontro, quando c’è, è quasi sempre destinato a diventare “scontro” e ogni tentativo, per lo più improvvisato, di dialogo si risolve spesso in rissa dalla quale ognuno esce malconcio. A questo proposito devo dire che una grossa responsabilità mi sembra che l’abbiano i mezzi di comunicazione di massa, soprattutto la televisione, che profittano sempre volentieri della “bagarre” in diretta per questioni di ascolto. Ma su questo ci sarebbero troppe cose da dire”.