La mamma di Sebastiano, investito a San Giuliano: «La tragedia ci ha devastato, l'assassino non passi per una povera vittima»

Finalmente, dopo oltre un anno e mezzo, parte il procedimento a carico dell’investitore di Sebastiano.
Mercoledì 15 maggio c’è stata l’udienza per lo scioglimento della riserva del GUP di Lodi. Il procedimento è stato aggiornato al 10 luglio per consentire alla difesa di citare la compagnia assicurativa Groupama. Tra l’altro, la compagnia è appena stata citata da noi in sede civile, vista l’inadeguatezza dei risarcimenti offerti dopo tutto questo tempo.

L’avvocato difensore è stato ancora più fastidioso della prima udienza, durante la quale si è permesso di ironizzare sul cognome del giudice sostituto. Questa volta con il suo fare presuntuoso e spocchioso, a voce alta nel corridoio del quarto piano, diceva all’assassino di Sebastiano che lui è vittima degli ingranaggi del sistema penale, paragonandolo al “perseguitato Berlusconi”. Ma non solo: è quasi sicuro di riuscire a far mettere in dubbio che le analisi tossicologiche che rivelano uso di cannabinoidi da parte dell’imputato siano addirittura le sue... 
Questo l’ha detto in pubblico in mezzo al corridoio, a voce alta, evidentemente per farsi sentire da noi; nessun segreto d’ufficio.
Dal maledetto 12 ottobre 2011, giorno in cui il sig. C.S., neopatentato, positivo ai cannabinoidi alle 7:15 del mattino, ha investito Sebastiano che a 14 anni attraversava sulle strisce pedonali appena davanti a suo fratello gemello Tommaso, violando tutta una serie di norme stradali, causandone la morte dopo 6 giorni di agonia, da quel maledetto giorno io e tutti i miei familiari abbiamo mantenuto un basso profilo, nessuna intervista, né giornali né canali televisivi, nessuno sfogo pubblico.
Abbiamo mantenuto un basso profilo nonostante questa tragedia abbia devastato le nostre vite. Dall’anno scorso abbiamo dovuto farci supportare da una terapia per disturbi da stress post traumatico, Tommaso se l’è visto falciare davanti, io sono arrivata prima dell’ambulanza e pur essendo in grado non ho potuto tentare di rianimarlo. Senza dimenticare cosa può essere la sindrome del sopravvissuto in un fratello gemello. Senza dimenticare il naturale peso dell’assenza di Sebastiano, era un bravo figlio, fratello, nipote, amico, compagno di scuola... Senza dimenticare l’ingiustizia subita da noi, dai nonni che lo vedevano quotidianamente, da tutti i parenti, da tutti gli amici, da tutti i compagni.
L’unico episodio che si è differenziato da questa grande palude di sentimenti è stato quando mi ha contattato la ragazza a cui sono stati trapiantati i polmoni di Sebastiano; le ha salvato la vita. Non so come sia andata per gli altri riceventi, ma di sicuro diverse persone giovani hanno beneficiato dei suoi organi, era un ragazzo sano.
Ora, la dignità non è evidentemente più considerata una virtù, ma sentirsi dire che l’assassino di Sebastiano sia una povera vittima, mi pare veramente assurdo.
Nessuno ci potrà ridare Sebastiano e tantomeno la serenità, non chiediamo certo che la stessa sorte possa essere riservata all’investitore, ma almeno un riconoscimento del grave reato commesso. Che pare aver superato egregiamente, visti anche tutti gli aggiornamenti sui social networks. Senza aver nemmeno pronunciato un “mi dispiace” nei nostri confronti.
Se pensiamo a queste generazioni che considerano normale mettersi alla guida in stati alterati, che la strada sia di loro proprietà, che sia un vanto piuttosto che una vergogna infrangere norme di comportamento stradale e civile, come possiamo non chiedere di riconoscere la gravità del reato, con una pena adeguata che valga come deterrente per tutti?
Purtroppo il reato di omicidio stradale non è ancora previsto dal nostro codice penale, complicando molto il lavoro dei magistrati che si trovano a decidere tra omicidio colposo e omicidio volontario, due estremi molto lontani fra loro e con molte sfumature interpretative nel mezzo.
Confidiamo nella giustizia e speriamo che almeno un capitolo di questa tragedia si avvicini alla conclusione. Ne abbiamo bisogno.
Cristina Omini, San Giuliano Milanese