Incontro ravvicinato con un riccio

Nei giorni scorsi, i primi di aprile, passeggiando a Peschiera per il Carengione, mi sono imbattuto in un riccio appena uscito dal letargo. Dal momento che è difficile fotografarlo - perché quando il riccio si sente minacciato si avvolge a sfera, e grazie a una muscolatura specializzata i suoi circa 6000 aculei presenti sul dorso si raddrizzano in sua difesa - ho pensato di raccoglierlo e portarlo a casa, anche per farlo conoscere al mio nipotino Federico.

Non avendo cibo adatto (solo una fragola, che comunque ha mangiato), dopo due ore, una volta fatte le foto e averne studiato il comportamento, l’ho riportato nel suo habitat. Vediamo ora qualche curiosità riguardo questo simpatico animaletto. Il riccio appartiene all’ordine Insectivora, famiglia Aerinaceidae, nome scientifico Erinaceus europaeus, oppure porcospino, detto anche “risacan” da queste parti.
È un mammifero lungo da 22 a 28 centimetri, molto caratteristico per la presenza di peli sul corpo che si trasformano in aculei di 2-3 centimetri di altezza, che può raggiungere da adulto un peso di 500-600 grammi.
Vive soprattutto ai margini dei boschi, ad altezza non superiore ai 1.000 metri, ma abita anche parchi, giardini e orti. Preferisce ambienti con buona copertura erbacea, non eccessivamente alta.
Costruisce un nido di foglie secche dove, tra giugno e settembre, partorisce e cresce i piccoli e dove trascorre il periodo di letargo invernale (da novembre a marzo).
È onnivoro, si nutre essenzialmente di insetti (ragion per cui fa parte degli insettivori), ma è goloso anche di uccellini, rospi, rane e piccoli mammiferi - soprattutto topi - così come di uova, frutti e bacche.
Non sa resistere alla tentazione del cibo, anche se gli viene offerto da esseri umani, ragion per cui riesce a tollerare la vicinanza dell’uomo, tanto da essere capace di ambientarsi molto bene anche in un normale giardino. La sua golosità non conosce limiti. Secondo alcuni studi condotti di recente dai ricercatori, un riccio può ingoiare prede per circa 70 grammi a notte, nonostante 50 grammi gli siano più che sufficienti; questo mammifero però sa bene che durante la stagione invernale andrà in letargo e, dunque, necessita di immagazzinare abbondanti scorte di grasso per poter sopravvivere d’inverno.
Molti sono i pericoli che minacciano i ricci, i mammiferi più vecchi (del Terziario, detta anche Era dei Mammiferi) che esistano ancora sulla terra. Giugno e luglio, purtroppo, sono i mesi nei quali possiamo contare sulle strade il maggior numero di ricci schiacciati dalle automobili o feriti gravemente. La reazione di un riccio di fronte al pericolo è quella di immobilizzarsi e drizzare gli aculei sul dorso; arrotolandosi su se stesso, forma una palla di spine che scoraggia gli aggressori. Riesce ad avere la meglio anche contro le vipere, che non teme ed è in grado di uccidere con un repentino morso.
Questa tecnica purtroppo risulta vana sia con la volpe - la quale, urinando sul riccio, lo costringe ad aprirsi per poi scaraventarsi sul fragile musino, provocandone la morte -, sia con le automobili in corsa che lo travolgono e inevitabilmente lo uccidono. I nemici dei ricci non sono solamente le volpi e le automobili. Si nutrono delle loro carni anche i tassi e le civette; i cani, soprattutto di taglia grande, possono provocare la morte di ricci adulti, così come i gatti possono ucciderne i cuccioli.
Il riccio non è comunque a rischio estinzione. In Italia è considerato numeroso con una densità di circa 1 individuo ogni 3 ettari. Per la conservazione della specie è necessario controllare gli incendi (ogni anno molti animali perdono la vita a causa dei fuochi appiccati per bruciare l’erba e le foglie secche) e conservare la vegetazione dei margini interpoderali nelle aree agricole (cespugli, arbusti, siepi).

Walter Ferrari
Associazione Naturalista Carengione
tel: 339.7615179

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