Al Referendum Costituzionale il NO ha vinto?

La battaglia o la guerra? Ai posteri l'ardua sentenza. L'opinione di Giancarlo Trigari.

Il nuovo governo Gentiloni ha ottenuto la fiducia del Parlamento e si appresta a governare.
Ora la vicenda “referendum costituzionale” è conclusa e quindi è il momento giusto per tracciare un consuntivo politico.
Il nuovo governo è formato quasi esattamente dagli stessi ministri del precedente. 
Qualcuno ha cambiato ministero. Per esempio la Boschi, non essendo più in programma per questa legislatura alcuna riforma, è stata promossa Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Lo spostamento di Alfano, dall'Interno agli Esteri, amplia praticamente la sua sfera d'azione. 
Si tratta di un modesto rimpasto del precedente esecutivo, lasciando a casa qualche personaggio che aveva raccolto dissensi, specialmente da parte dei giovani.
A capo del Governo al posto di Renzi c'è Gentiloni. Per questo motivo tutti sono concordi nell'affermare che da questo punto di vista nulla è cambiato.
Renzi ha imparato da Grillo che si ottengono molti vantaggi nel dirigere un governo restandone fuori. Naturalmente Renzi non ha bisogno di far firmare contratti come fa Grillo con i suoi.
In conclusione Renzi ha dimostrato con i fatti che tutti coloro che avevano interpretato il referendum costituzionale come l'occasione per mandare a casa Renzi hanno preso una colossale cantonata.
Peggio di tutti è andata alla minoranza PD che rivota la fiducia, come tante volte aveva fatto in precedenza e, con la coda tra le gambe, afferma che valuterà i singoli provvedimenti del governo.
La minoranza è costituita dall'estrema sinistra del partito che per forza di cose è destinata ad essere marginalizzata dal progetto renziano. Infatti questo può prevedere solo l'allargamento a destra in quanto quello a sinistra è destinato irrimediabilmente a fallire, come è sempre fallito in questi anni, essendosi dimostrato che l'elettorato italiano è in maggioranza posizionato al centro: i cosiddetti “moderati”. 
La sinistra ne è pienamente cosciente ma da settanta anni a questa parte il suo obiettivo non è governare, ma conservare le poltrone in Parlamento che le consentano di sopravvivere dignitosamente, e anche di più, grazie al sostegno degli ingenui. Per questo si è prestata volentieri al giochetto della demonizzazione di Renzi abilmente messo in atto da tutti coloro che si sentono minacciati dalle sue mire espansionistiche. 
Ora Renzi si trova anche avvantaggiato sul controllo della durata della legislatura.
Il Capo dello Stato è stato categorico: non si chiude se non sono state armonizzate le leggi elettorali per i due rami del Parlamento. Tra parentesi una volontà che rappresenta solo un minimo di buon senso, niente di più, ma che Mattarella è stato costretto a puntualizzare di fronte ai cori del “subito alle urne”.
Sulla legge elettorale, questa volta però è il Parlamento e non il Governo a condurre le danze. 
Un larghissimo schieramento sembra orientato a chiudere la partita della legge elettorale in tempi brevissimi. Peccato che il Partito Democratico ha la maggioranza e solo il Governo può mettere la fiducia, mentre il bicameralismo paritario consente di far girare una legge tra le due camere indefinitamente. 
Quindi sarà di fatto Renzi a decidere quando terminare la legislatura, dando il benestare alla nuova legge elettorale.
Quando lo farà? Non si possono fare previsioni in questo momento perché prima se la deve giocare all'interno del proprio partito dove la minoranza rema contro il suo progetto.
Il congresso del Partito Democratico determinerà il futuro della legislatura. 
Nel frattempo Gentiloni, come ha precisato, porterà a compimento le riforme iniziate dal Governo Renzi, tanto per sottolineare una volta di più che nulla di sostanziale è cambiato.
Le opposizioni insceneranno proteste di vario genere per rendersi visibili, ma senza mai perdere di vista il termine della legislatura che permette di portare a casa il vitalizio.
Ancora una volta Renzi ha dimostrato di essere l'unico ad aver elaborato una strategia per il “dopo Renzi”, che sta funzionando. Verdini se tornerà utile potrà partecipare ma per ora l'obiettivo era rimarcare la continuità e quindi non era il caso di farlo salire a bordo.
Una battaglia è stata persa, ma la guerra per una Italia più moderna è ancora da combattere.
Non serve piangere sul latte versato ma è difficile non pensare con rammarico alla vanificazione dell'impresa titanica e irripetibile di aver fatto votare a 350 parlamentari, pagati profumatamente con i nostri soldi, il proprio licenziamento. Per non parlare del resto …
Per parafrasare Manzoni: “Andate, andate, poveri untorelli del no, non sarete voi quelli che spiantate Renzi.”
Chi vincerà? Ai posteri l'ardua sentenza ...