Aggressione con machete a capotreno: si costituisce il 4° componente della gang di assalitori

Si tratta del proprietario dell’arma. Gli altri 3 erano già stati arrestati nei giorni scorsi. Fanno tutti parte della gang di latinos “MS13”

Alcuni tatuaggi sul corpo dei fermati, segni distintivi dell'appartenenza alla gang

Alcuni tatuaggi sul corpo dei fermati, segni distintivi dell'appartenenza alla gang "MS13"

Si è costituito alle forze dell’ordine il 4° componente del gruppo di sudamericani che, attorno alle 21:50 della serata di giovedì 11 giugno, ha parzialmente amputato a colpi di machete il braccio di un capotreno presso la stazione di Villapizzone, alla periferia Nord di Milano. 

L’ULTIMO FERMO - Si tratta di A.A.L.B., un 36enne salvadoregno proprietario dell’arma utilizzata per aggredire il dipendente delle ferrovie C.D.N., “colpevole” di aver chiesto al gruppo di mostrare il biglietto. L’arrestato si è costituito nella mattinata di mercoledì 17 giugno dopo aver chiamato la polizia dalla sua abitazione di viale Bligny, 42, stabile tristemente soprannominato "fortino della droga", per il noto e diffuso spaccio che viene praticato al suo interno. A.A.L.B. ha chiamato gli agenti della Squadra Mobile quando si è reso conto di non avere più scampo, poiché le forze dell’ordine nelle ultime ore avevano stretto il cerchio intorno a lui. Nel corso della perquisizione della sua abitazione è stato trovato il fodero del machete usato per aggredire il capotreno, mentre l’arma non è stata al momento ancora rinvenuta. In base alle prime informazioni trapelate, pare che il 36enne abbia lavato più volte i suoi vestiti in lavatrice nel tentativo di eliminare tutte le tracce della brutale aggressione. La madre dell’uomo, infatti, ha raccontato agli agenti che, la sera dell’aggressione, dopo essere rientrato suo figlio aveva azionato la lavatrice e che verso le 5:00 del mattino aveva steso il bucato. 

GLI ALTRI ARRESTATI - Quest’ultimo fermo va ad aggiungersi a quelli degli altri 3 componenti del gruppo di aggressori, che sono finiti in manette nei giorni scorsi. I primi 2 ad essere arrestati sono stati intercettati dalla polizia in via Ernesto Teodoro Moneta, sotto il ponte Martin Luther King, poco dopo l’insensato atto di violenza. Si tratta di J.J.L.T., ecuadoriano di 20 anni con permesso di soggiorno scaduto, e di J.E.R.M., 19enne di El Salvador, che ha già confessato di aver sferrato il colpo di machete. È stato proprio quest’ultimo a mettere gli investigatori sulle tracce dell’ultimo fermato e a raccontare i dettagli della serata trascorsa a bere alcolici in un parco e  conclusasi con la brutale aggressione sul treno del Passante ferroviario a Villapizzone. 
Il 3° componente della gang, il 19enne salvadoregno A.E.G.R., è invece stato fermato sabato 13 giugno, mentre si nascondeva nella zona di Porta Genova, grazie all’utilizzo delle immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza della stazione. In base a quanto si è appreso successivamente, A.E.G.R. era seguito dai servizi sociali ed era stato affidato in prova ad una Comunità di Segrate, da cui però risultava irreperibile. 

LA GANG E L’OPERAZIONE “MAREDOS” DEL 2013 - Stando a quanto appurato dagli investigatori che hanno svolto le indagini, tutti e 4 gli arrestati sono esponenti del gruppo criminale noto come “MS13”, una feroce gang di origine sudamericana che nel 2013 era finita al centro dell’operazione “Maredos”, che portò all'arresto di 25 soggetti affiliati alla “MS13”, di cui 7 minorenni, per la maggior parte salvadoregni. Proprio nell’ambito di quella importante retata, tra i fermati figurava anche A.E.G.R., il 3° aggressore ad essere individuato, ma la detenzione gli era stata commutata in affidamento, anche perché al tempo dei fatti era ancora minorenne. Nello stesso contesto anche uno dei primi fermati, IL 20enne J.J.L.T., era finito in manette. L’ultimo aggressore arrestato, il 36enne A.A.L.B., pare invece fosse un membro della “MS13” da molto più tempo degli altri, essendosi affiliato già nel suo paese di origine, come dimostrano i numerosi tatuaggi che ha sul corpo, e che si fosse trasferito in Italia proprio nel tentativo di cambiare lo stile di vita da gang che aveva in El Salvador. 

Alessandro Garlaschi