Milano, arrestato il chirurgo plastico dei "boss"

Il chirurgo del Niguarda era un affiliato ai vertici dell'ndrangheta trapiantata al nord. In manette anche il titolare di una carrozzeria inchiodato dalle intercettazioni

Il chirurgo elargiva favori agli affiliati, che si recavano al Niguarda senza appuntamento

L’antimafia milanese è entrata in azione, e arriva così un nuova vittoria nella lotta alle associazioni mafiose radicate al nord. A finire in manette sono rispettivamente un chirurgo plastico che operava al Niguarda, Arturo Sgrò, e un carrozziere, Ignazio Marrone. Di estrazioni sociali opposte, in realtà condividevano i vertici della ‘ndrangheta lombarda, dialogando con Cosa Nostra, e senza mai perdere i contatti con la base in Calabria. Sgrò, il chirurgo di Melito Di Porto Salvo, vanta un curriculum di tutto rispetto, comprendente anche esperienze lavorative all'estero, ed era dipendente dell’ospedale Niguarda di Milano, risultato però estraneo ai fatti. Inoltre risultava incensurato, nonostante alcuni suoi parenti fossero già stati arrestati e condannati per associazione mafiosa. 
Una fedina penale diversa caratterizzava invece Ignazio Marrone, con alle spalle dei precedenti per detenzione d’armi e ricettazione.

I due uomini di 42 e 40 anni sarebbero affiliati al clan Iamonte Moscato della locale di Desio e ora su di loro pende il 416-bis. Il chirurgo del clan, oltre a tirare le fila della ‘ndrangheta calabrese trapiantata a Milano e dintorni, svolgeva “favori” ad affiliati, parenti, sodali e detenuti, che, secondo le ricostruzioni della squadra mobile, si recavano al Niguarda per visite o operazioni. Il tutto, ovviamente, senza la necessità di prenotare un appuntamento. Non solo, Sgrò si recava in prima persona nella carrozzeria di Marrone a Desio, luogo in cui avevano luogo le riunioni tra gli affiliati della cosca, un fortino dotato anche di videosorveglianza. Dalle intercettazioni è risultato che Marrone desse la propria disponibilità a procurare armi di ogni tipologia, era inoltre stato autorizzato dal clan a risolvere i contrasti tra gli affiliati di 'ndrangheta e Cosa Nostra, e infine si occupava di “recupero crediti” per conto di due suoi cugini finiti in prigione.