Teso il clima post-elezioni al San Raffaele, tra un piano di riorganizzazione dei turni e ingiurie a una delegata sindacale

Ospedale San Raffaele post elezioni, nessuna lettera di licenziamento al momento, ma il braccio di ferro tra azienda e lavoratori del comparto è sempre più evidente.

Dopo il no della RSU a un nuovo referendum, come prevedeva la proposta avanzata dal Prefetto di Milano, accettata dalla proprietà, i lavoratori del comparto si sono riuniti in assemblea e hanno votato una mozione, datata 7 marzo e inviata alle istituzioni, Comune, Provincia e Regione, in cui si dice: «L’assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Ospedale San Raffaele di Milano chiedono un tavolo con le istituzioni, Comune, Provincia e Regione, che facciano da garanti affinché l’attuale Amministrazione non porti l’Ospedale allo sfascio, insieme alla sanità lombarda. A tal fine l’assemblea crede necessario definire un percorso di rilancio della struttura, a garanzia dei posti di lavoro e della qualità dell’assistenza ai pazienti».
Così, mentre i lavoratori applicano alla lettera quanto scritto sul volantino ("Nessuno di noi è un esubero e questo è il momento di farlo capire a tutti. Nei 120 giorni in cui potrebbero partire le lettere di licenziamento, rifiutiamo il lavoro straordinario per dimostrare all’Amministrazione che, senza la nostra collaborazione, questa struttura non è in grado di offrire un servizio di eccellenza. Lo straordinario è una tua scelta e nessuno può obbligarti. E abbiamo tutti 244 ottimi motivi per non farlo"), di contro l’azienda ha attuato un piano di riorganizzazione per far fronte ai turni dello straordinario programmato, oggi scoperti.
Ha, infatti, applicato dal corrente mese di marzo, in modo del tutto unilaterale e senza informare la RSU come prevede il contratto in essere, un criterio secondo cui, togliendo 1 h/settimana di lavoro per 4 ore mensili, possa recuperare il turno del sabato che un tempo era considerato straordinario. Insomma non si respira certo un clima sereno all’interno del San Raffaele, ne sono testimonianza anche altri episodi spiacevoli, come quello accaduto qualche mese fa a una delegata sindacale, Graziella, insultata e ingiuriata durante un volantinaggio da un medico Dirigente.
«Graziella – così ci racconta Margherita, altra delegata sindacale – stava parlando al megafono durante la pausa pranzo, sempre in merito ai licenziamenti, quando un medico dirigente, tornando dalla mensa, rivolgendosi a un gruppo di quattro delegati sindacali di sesso maschile, avrebbe detto loro, usando termini a dir poco offensivi, di farla smettere».
Da qui la decisione di Graziella di querelare il dirigente, offesa non solo per le ingiurie, ma anche come donna. Secondo il suo legale, il fatto che il medico non si fosse rivolto direttamente a lei, ma ai quattro delegati di sesso maschile, sarebbe una discriminazione vera e propria. L’udienza, che si è svolta a fine febbraio davanti al Giudice di Pace, è stata rinviata al 27 giugno. Pare sia stata avanzata, da parte del legale del medico dirigente, una proposta di conciliazione – abbastanza inconsistente (tutto si baserebbe, infatti, sul ritiro della querela) – non andata a buon fine poiché la delegata sindacale avrebbe chiesto “scuse pubbliche”, ma il dirigente non avrebbe accettato. Alla prossima.
Cristiana Pisani