Melegnano, pubblici esercizi, Confcommercio chiede lo stop al coprifuoco alle 18.00

«Nessuno vuole mettere in secondo piano le esigenze sanitarie, ma non si capisce perchè i locali che servono solo a clienti seduti al tavolo non possano farlo anche dalle 18.00 alle 22.00»

Melegnano, 02 febbraio 2021 - «C’è un punto che dobbiamo chiarire una volta per tutte: le imprese non si accendono e si spengono con un interruttore. Bene la zona gialla, ma non capiamo perchè i pubblici esercizi che servono solo a clienti seduti al tavolo non possano farlo anche dalle 18.00 alle 22.00», così la Presidente di Confcommercio Melegnano, Caterina Ippolito, con il delegato per i Pubblici Esercizi, Mosè Cugnach.
 
«C’è molta preoccupazione per il comune di Melegnano, da sempre punto di attrazione per il territorio circostante, così come per tutti gli altri comuni del sud est Milano rappresentati: molti locali rimangono ancora chiusi nonostante la zona gialla, perché, con lo smart working ancora diffuso, i coperti a pranzo non bastano a coprire le spese, senza contare che per i locali della movida non è cambiato nulla. A livello nazionale è stato presentato al Comitato tecnico scientifico dalle maggiori Associazioni di Categoria un protocollo di proposte per riaprire in sicurezza i locali anche la sera. Ma ora è importante ottenere lo stop al coprifuoco alle 18. Bisogna avere senso di responsabilità, evitando gli assembramenti, ma non capiamo perché i locali che servono solo ai clienti seduti al tavolo non possano farlo anche dalle 18 alle 22. Il 70% del fatturato per i ristoranti gira intorno alla cena e occorre iniziare a dare ossigeno, quattro ore di lavoro, ai locali della movida e almeno un turno per la cena ai ristoranti», così commenta Mosè Cugnach.

«Riteniamo necessario tentare una lenta riapertura la sera, diversamente sarà un periodo molto critico. Ci vogliono controlli, molto senso di responsabilità da parte di esercenti e imprese, ma intanto lascino riaprire i locali fino alle 22 e monitorino i comportamenti e le eventuali correzioni da apportare», gli fa eco la Presidente Ippolito.

«Nessuno vuole mettere in secondo piano le esigenze sanitarie – conclude il Segretario Cesare Lavia – in questo caso, però, alla luce dei numeri aggiornati e delle misure di sicurezza non tornare a lavorare ci appare, francamente, poco opportuno ed uno schiaffo per quelle tante attività già allo stremo. Sono 45 mila i pubblici esercizi in tutta la Regione per i quali ogni giorno di chiusura fa, davvero, la differenza. E auspichiamo non si ripetano più errori come quelli dei giorni scorsi perchè non si scherza sulla pelle delle imprese. Non è possibile sbagliare in modo così grave su numeri che incidono su un sistema economico già colpito da tre lockdown. È inaccettabile un danno aggiuntivo che colpisce un mondo imprenditoriale già allo stremo, concludono i vertici della Associazione, e a riguardo non ci interessano le polemiche politiche, ma parliamo di un errore che è costato alle imprese lombarde almeno 600 milioni di euro (ed è una stima prudenziale), pertanto ci aspettiamo congrui risarcimenti».