Il “sì” di Palazzo Marino al Pgt di Milano

Incassata anche la benedizione di Assolombarda, per voce del presidente Meomartini, l’assessore Carlo Masseroli può cominciare a rimboccarsi le maniche. «È  finito il tempo di parlare del Piano ed è già iniziato il tempo del lavoro per farlo diventare realtà», dichiara in aula il padre del PGT, come riportato nella edizione online del 5 febbraio de Il Sole 24 ore, e annuncia come priorità la realizzazione di «30mila alloggi in housing sociale, 22 parchi, servizi diffusi, la circle line, l'agricoltura in città». L’iniziativa ai privati, quando e dove serve: questa la filosofia fondante il Piano. Per suffragarla, l’assessore cita il premier inglese David Cameron, riferimento autorevole per i sostenitori della sussidiarietà: «Se scatena l'iniziativa delle comunità, dovremmo farlo. Se la ammazza, non dovremmo». E alle opposizioni si rivolge invece citando il sindaco di New York, Bloomberg. «Ci sarà sempre chi dirà: aspettiamo. Studiamo meglio. Approfondiamo finché tutto non sarà perfetto, utile per tutti, da tutti condiviso, a tempo e a costo zero. Ma noi tutti sappiamo che la storia della nostra città dimostra che questa è la ricetta per un sicuro fallimento». Una replica diretta alle polemiche suscitate dallo sbrigativo trattamento riservato alle 4765 osservazioni giunte da 1200 cittadini milanesi. Da parte loro, le opposizioni non intendono recedere nella loro guerra al Piano, se è vero che i Consiglieri comunali di minoranza ricorreranno al Tar per il modo con cui, nel dibattimento sulle osservazioni, sono state scavalcate le corrette procedure di dibattimento consigliare.
Il PGT sarà dunque un bene o un male per Milano? Forse per la risposta dovremmo aspettare il 2030, anno in cui tutti gli elementi del Piano troveranno compimento. A oggi, per i comuni cittadini rimane una sola certezza: la lettura obiettiva di benefici e criticità sarà ancora per molto filtrata da opposti interessi di parte e pregiudizi ideologici. Con buona pace del bene comune.

Alessandro Nardin