Quando il disagio psichiatrico affligge tuo figlio

Mamma di un ragazzo malato psichiatrico accusa i servizi sanitari nazionali di poca professionalità e scarsa umanità

La malattia psichiatrica è un disturbo che coinvolge non solo la persona che ne è portatrice, ma pervade l’intera famiglia. A raccontarci la propria esperienza è la signora P.R., mamma di un ragazzo di 31 anni, al quale da dieci hanno diagnosticato una forma di schizofrenia: «Sono completamente presa nell’aiutare mio figlio a farsi curare. Ha bisogno di essere quotidianamente sostenuto e accompagnato al Cps (Centro Psico Sociale), altrimenti si rifiuta di prendere i farmaci utili a farlo stare meglio». La signora P.R. racconta che in passato il figlio ha deciso di sospendere la cura e questo ha causato delle gravi conseguenze sulle sue condizioni psichiche: «Si è allontanato da casa per giorni, camminando a piedi senza una meta. Abbiamo dovuto ricorrere al Trattamento Sanitario Obbligatorio per riuscire a ricoverarlo nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Melegnano, ma dopo tre giorni è riuscito a scappare. Le forze dell’ordine mi hanno aiutata molto e l’hanno trovato e, insieme a me, riaccompagnato in ospedale, ma per una settimana soltanto». P.R. spiega infatti una mancanza di sufficiente attenzione nei confronti del figlio da parte delle strutture preposte alla sua cura, le cui conseguenze gravano sulla famiglia: «Mio figlio è conosciuto dai servizi e la sua patologia è piuttosto grave. Mi domando come mai, dopo essere riuscito a scappare dal reparto, abbiano garantito un ricovero di una sola settimana, avrebbe avuto certamente bisogno di maggiori cure. Cure e attenzioni che scarseggiano ad arrivare anche dal Cps di Paullo, dove mio figlio è in carico - racconta e prosegue la signora -. Faccio molta fatica a convincerlo ogni due settimane a venire al Cps per fare l’iniezione di farmaci. In una delle ultime occasioni, dove aver dibattuto a lungo a casa, sono riuscita a portarlo a Paullo ma, arrivati lì, gli infermieri erano in pausa. Ho chiesto ai medici presenti se potessero fargli l’iniezione ma ho avuto risposta negativa a causa dei loro rigidi protocolli». La signora P.R. legge in questi comportamenti una mancanza di responsabilità e umanità, indispensabili per svolgere professioni di aiuto alla persona: «I mezzi del sistema sanitario nazionale sono indubbiamente scarsi ma tu, medico o infermiere, hai il dovere di fare il meglio che puoi con quello che hai. Se scegli questo lavoro devi farlo bene altrimenti vai a fare qualcos’altro. C’è troppa durezza e rigidità da parte loro e questi atteggiamenti sono ingiustificabili, sembra quasi di dare fastidio nel chiedere ciò di cui hai diritto. Ti senti non compreso e solo davanti alla malattia che colpisce tuo figlio» conclude dolorosamente la madre.