25 aprile: una data che divide invece di unire

Come ogni anno (e ne son passati ben 66!) per i festeggiamenti del 25 aprile, i militanti antifascisti non vedono di buon occhio la partecipazione delle Istituzioni alle celebrazioni, a meno che non siano di Sinistra. Spesso, le piazze ricorrono alla violenza verbale e a volte anche fisica, per confermare la cattiva usanza della caccia al “nuovo fascista”, aggettivo che affibbiano a tutti gli uomini degli schieramenti antagonisti. Il Comunismo, al pari del Fascismo, in tutto il mondo, non solo è fallito, ma ha causato un numero incalcolabile di vittime. Se proprio deve essere una festa, deve essere una festa per  tutta la Nazione, la festa dell’Italia intera, unica, indivisibile. Il 25 aprile dovrebbe essere il giorno in cui il sentimento patriottico, che ci appartiene, ereditato dai padri fondatori della nostra nazione 150 anni fa, deve volare alto e fiero nel cielo della nostra penisola. Invece, il più delle volte, la festa viene strumentalizzata come l’occasione perfetta per denigrare tutti quelli che pensano al 25 aprile come festa della liberazione dall’oppressione e non come la festa dei partigiani. Coraggiosi combattenti ai quali, indubbiamente, va riconosciuto il merito di avere contribuito in modo decisivo alla liberazione dell’Italia; non si può dimenticare tuttavia, la povera gente che ha combattuto ed è morta con la divisa dell’Esercito italiano, servendo la patria. Tutte quelle famiglie che sono state sventrate dall’orrore della guerra; tutti quei ragazzi americani che persero la vita per ridarci la libertà. Anche per loro si festeggia, affinché il monito giunga alle nuove generazioni. Viva l’Italia. Viva la libertà!

 

Giulio Carnevale