Per realizzare il bene comune, le parole del cardinale Tettamanzi servano come monito a politici e cittadini

Del suo discorso voglio sottolineare il richiamo ai moniti contenuti nel Discorso alla Città letto in occasione della festa di S. Ambrogio del dicembre scorso. L’arcivescovo ha ricordato come a Milano esista un terreno buono, che veda l’impegno di tanti. Ma questo territorio necessita di essere curato con quattro obiettivi: la comprensione dei bisognosi, la sollecitazione agli interventi necessari per rispondere alle concrete richieste di aiuto, la questione educativa e, da ultimo, un’azione forte per ridurre qualsiasi forma di esclusione sociale. Il tutto con una sola accortezza: “seminare relazionalità”, capace di rigenerare luoghi e spazi per riscoprire l’importanza di essere con-cittadini. Il riferimento, dunque, è a quel “terreno umano” costituito dalle persone concrete che abitano il territorio. Su di loro è possibile contare per realizzare il bene comune. Insomma, un autentico breviario per i politici, quello lanciato da Tettamanzi, che ha ripreso la parabola del seminatore per rileggere in profondità il vissuto quotidiano, quale occasione per riappacificarsi con se stessi, con i problemi di tutti i giorni. Il seme da diffondere è quello dell’umanesimo integrale, realizzando le condizioni per una vita sempre più dai tratti pienamente umani. Il seme è «il bene dell’uomo stesso, della persona umana, colta nella sua struttura di base, nei suoi dinamismi profondi e nelle sue fondamentali finalità: la persona come unità psicofisica di anima e corpo». Come sempre parole – quelle dell’arcivescovo – che fanno riflettere.