Strage di Nizza, fino a che punto è riconducibile all'Islam radicale?

«Non esiste di fatto alcuna azione preventiva realmente efficace»

L'opinione di Giancarlo Trigari

In tutti i tempi e in tutti i luoghi ci sono state e sempre ci saranno persone che scelgono di suicidarsi. Quello che ultimamente è cambiato è che questi aspiranti suicidi si travestono da terroristi islamici. Quando qualcuno si candida a farsi uccidere, o a uccidersi, ovviamente si può ritenere che c'è l’abbia con il mondo intero, a cui con ogni probabilità attribuisce la responsabilità del proprio fallimento, e contro il quale pensa di rivolgere la propria vendetta. Spesso a quella parte di mondo che gli è visceralmente estranea. Una vendetta con la massima risonanza mediatica diventa lo scenario ottimale in cui organizzare il proprio suicidio.
Con estrema probabilità a Nizza il 14 luglio questo è quello che è successo.
Il kamikaze di turno infatti non aveva alcun rapporto né ideale né operativo con l’Islam radicale. Per compiere la strage ha utilizzato lo strumento di cui conosceva meglio i possibili effetti devastanti. Abitando a Nizza conosceva inoltre molto bene le modalità di svolgimento della festa nazionale in quel luogo.
Come difendersi da attentati di questo tipo?
Naturalmente intensificare la sorveglianza nelle situazioni più rischiose è il primo imperativo. C’è da chiedersi se era proprio impossibile fermare quel camion prima che si lanciasse sulla folla. Non è comunque da sottovalutare l’effetto sorpresa di una azione senza precedenti.
Ma in sostanza la risposta è che non esiste di fatto alcuna azione preventiva realmente efficace.
Un signor nessuno con una psiche profondamente disturbata lo si può incontrare dovunque e in qualsiasi momento, senza alcun preavviso.
Forse un deterrente potrebbe essere quello di fare in modo che l’autore rimanga totalmente sconosciuto per sempre, rendere in generale inefficace l’elemento spettacolarizzazione che sembra caratterizzare particolarmente azioni di questo genere.