Sparatoria a palazzo di Giustizia a Milano: la ricostruzione degli eventi

Il bilancio definitivo è di 3 morti e 2 feriti. Gli inquirenti ritengono che il killer volesse uccidere ancora

Claudio Giardiello

Claudio Giardiello

Quella del 9 aprile è stata una mattinata di terrore presso il Palazzo di Giustizia di Milano, dove l’immobiliarista 57enne Claudio Giardiello, originario di Benevento ma residente a Garbagnate milanese, si è lasciato alle spalle una scia di sangue e morte.

L’ingresso – In base alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza, Giardiello entra a Palazzo di Giustizia attorno alle 9:00 dall’ingresso di via Manara, quello cioè riservato a magistrati, avvocati e personale amministrativo. L’accesso è l’unico dei 4 del Tribunale a non disporre di metal detector e al 57enne è bastato presentare alla sorveglianza un tesserino di riconoscimento, molto probabilmente contraffatto.

La sparatoria – Giardiello sale quindi sino in un’aula al III piano dell’edificio, dove stava per celebrarsi l’udienza per bancarotta fraudolenta dell’Immobiliare Magenta Srl, nel quale l’imprenditore 57enne è imputato. La follia scatta poco prima delle 11:00, quando Giardiello estrae dalla tasca una Beretta calibro 9X21 regolarmente detenuta e fa fuoco contro le persone presenti in aula. Il primo a morire è l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani (37 anni), legale di un creditore dell’uomo e ora teste al processo contro di lui, che viene raggiunto da un proiettile in pieno petto. Giardiello rivolge poi l’arma contro i 2 coimputati nelle stesso processo e suoi ex soci in affari, cioè Giorgio Erba e Davide Limongelli, nipote quest’ultimo dello stesso 57enne. Mentre Limongelli rimane ferito gravemente, Erba muore poco dopo il ricovero presso il Policlinico milanese. Giardiello esplode poi alcuni colpi anche all’indirizzo del pm che presiede la seduta, salvo di fatto mancare il bersaglio. Giardiello quindi esce dall’aula e si precipita lungo le scale dove incrocia casualmente il commercialista 51enne Stefano Verna, che pare avesse lavorato in passato alle pratiche di fallimento della società del 57enne, e lo ferisce alle gambe. 

La morte del giudice - Dopodiché il killer di dirige verso l’ufficio del giudice Fernando Ciampi, che avrebbe dovuto prendere parte al processo per bancarotta in qualità di testimone poiché, nel 2008, era nel collegio che dichiarò il fallimento dell’Immobiliare Magenta. Il magistrato 71enne viene raggiunto da 2 proiettili che ne decretano la morte quasi istantanea.

La fuga e la cattura – A quel punto all’interno del Palazzo di Giustizia è già scoppiato il panico, tradottosi in un fuggi figgi generale di tutte le persone all’interno verso le uscite. Giardiello quindi, molto probabilmente approfittando della calca, riesce a guadagnare anch’egli l’uscita, sale sul suo scooterone Suzuki e si dirige verso la Brianza. Braccato da polizia e carabinieri, il 57enne viene infine arrestato poco prima di mezzogiorno a Vimercate, presso il centro commerciale Torri Bianche. Gli investigatori sono convinti che Claudio Giardiello in realtà non volesse semplicemente fuggire, ma che fosse intenzionato ad uccidere ancora. Si ritiene infatti che il killer volesse raggiungere Carvico (Bergamo) per freddare Massimo D'Anzuoni, anch’egli suo ex socio in affari. 

«Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato» - Queste le parole pronunciate dall’uomo ai carabinieri subito dopo la cattura. Durante l’interrogatorio Giardiello, che poi ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, ha accusato un malore ed è stato portato via in ambulanza.


Polemiche sulla sicurezza – Assieme al dolore per le vittime e i feriti, inevitabili sono scoppiate le polemiche inerenti la gestione della sicurezza. I 4 ingressi del Palazzo sono presidiati dai vigilantes di una società privata, la stessa peraltro che si è aggiudicata l’appalto per il servizio di controllo di Expo 2015. Giardiello ha avuto accesso dall’ingresso riservato agli “addetti ai lavori”, dove è sufficiente presentare un tesserino di riconoscimento. Presumibilmente, quindi, il controllo del documento mostrato dal 57enne non è stato particolarmente accurato dato che, sebbene fosse taroccato, Giardiello ha potuto accedere tranquillamente. Una volta all’interno sono i carabinieri ad occuparsi di vigilare tra le aule e i corridoi del Tribunale, ma di fatto la vigilanza è obbligatoria soltanto per imputati detenuti, cosa che Giardiello non era.

Gli affari del killer – Dal passato di Claudio Giardiello, che gli inquirenti stanno tutt’ora passando al setaccio, emerge un giro di denaro in nero e capitali non denunciati. In base ai primi accertamenti, pare che il 57enne e i suoi soci (suo nipote Davide Limongelli, ferito nella sparatoria; Giorgio Erba, rimasto ucciso, e Massimo D’Anzuoni, verso la casa del quale Giardiello era diretto) avessero stabilito di nascondere al fisco una parte dei proventi della immobiliare Magenta Srl e di altre società partecipate, per poi dividersi le somme. Le eccessive pretese di Giardiello, però, in breve tempo avevano fatto saltare gli accordi, portando il 57enne a denunciare il giro di affari in nero e i suoi soci. Questi ultimi, dopo aver tentato una infruttuosa mediazione con il fisco, hanno a loro volta intrapreso una battaglia legale contro Giardiello, sfociata nel 2008 con il dichiarato fallimento della società Magenta Srl e delle altre ad essa connesse.

Alessandro Garlaschi