Finì in coma per un malfunzionamento del pacemaker: sandonatese riceverà risarcimento milionario

Condannati dirigenti e azienda che importa e distribuisce in Italia l’apparecchio medico che mandò in stato vegetativo l’infermiera 42enne

Un pacemaker

Un pacemaker

Da più di 4 anni M.S., infermiera sandonatese 46enne, vive in stato di coma vegetativo a causa del malfunzionamento del pacemaker che, anziché salvarle la vita, gliel’ha rovinata per sempre. Nei giorni scorsi, però, il Tribunale di Milano ha disposto per la famiglia della donna un risarcimento di circa 1mln di euro. A pagare saranno 2 ex manager e i vertici di un’azienda di Agrate, responsabili dell’importazione e della distribuzione in Italia dell’apparecchio medicale costruito negli Stati Uniti, il cui malfunzionamento ha compromesso la salute dell’infermiera di San Donato. La storia di M.S. ha inizio nel 2008, quando la donna viene sottoposta all’intervento di impianto del pacemaker per la risoluzione di una patologia cardiaca. Il dramma vero e proprio si verifica nella serata del 19 ottobre del 2010, quando l’allora 42enne viene colta da una improvvisa crisi. Stando all’accusa, proprio in quel cruciale frangente il defibrillatore cardiaco non è entrato regolarmente in funzione, a causa di un black out elettrico dovuto al mancato aggiornamento del software interno. Sebbene i medici del 118 intervenuti siano riusciti a salvare la vita della donna, da allora M.S. è entrata in stato vegetativo permanente. Dal canto loro, gli avvocati difensori dell’azienda e dei manager condannati hanno annunciato ricorso, sostenendo che il pacemaker fosse regolarmente aggiornato e funzionante, mentre era la patologia della donna ad essere troppo grave. Ad ogni modo, la sentenza pronunciata da Tribunale milanese si è basata su un principio importante e relativamente nuovo, cioè che non solo i medici, ma anche i produttori degli apparecchi salvavita devono all’occorrenza rispondere dei danni provocati ai pazienti.
Redazione Web