Reintegrata dopo un licenziamento ingiusto

É a lieto fine la storia di Elsa Valier: torna al lavoro e riceve gli stipendi arretrati

Vi ricordate la storia di Elsa Valier, la 51enne sangiulianese licenziata in tronco dalla società “Isolabella” per aver superato il comparto di malattia sulla base di calcoli errati? La signora si era rivolta alla stampa e al Tribunale del Lavoro per far valere i propri diritti, ma è di qualche settimana fa la decisione presa innanzi al dott. Francesco Frattin, Presidente del Tribunale. Le parti in causa hanno firmato una conciliazione con la quale la ditta ha proposto alla donna non solo il reintegro al suo posto di lavoro ma anche il pagamento dei mesi di aprile, maggio e giugno, pari ad euro 1360, somma che era venuta meno col licenziamento repentino di fine marzo.
E così dall’inizio di luglio, la Valier ha ripreso il suo lavoro di donna di pulizie, che è stato ed è il suo principale sostentamento economico. Divorziata, la Valier infatti vive da sola con 5 gatti. “Nel periodo in cui mi hanno ingiustamente allontanato da lavoro- ha spiegato la dipendente - mi sono vista improvvisamente senza un sostentamento. Ho dovuto fare debito che ora salderò. Senza parlare poi dei guai che ho passato, con i miei problemi di salute e con l’angoscia di aver perso il lavoro”.
La sangiulianese, infatti, a causa di un dolore all’anca era stata costretta a ricoveri, operazioni complesse e lunghe degenze a casa, che però non superavano i giorni previsti dalla legge come diritto in caso di malattia. Oggi, serena e in splendida forma, la Valier ha precisato: “Sono soddisfatta del risultato ottenuto, anche se ancora non mi hanno pagato la quattordicesima. Quando si ha ragione, rivolgersi alla giustizia ha un senso”.
“Vorrei solo che i miei diritti”, conclude la dipendente, “come quelli di altri come me, venissero rispettati in modo naturale, senza necessariamente ricorrere a tribunali o stampa. Questo anche nelle piccole cose, come per esempio essere pagata ogni mese puntualmente nel giorno prestabilito, senza che ci siano ogni volta ritardi o chiamate da parte mia per sapere informazioni in merito. Penso che questo non solo sia un diritto, ma un dovere della società presso cui si lavora, anche perché io rispetto gli orari e adempio puntualmente e quotidianamente alla mia prestazione lavorativa”.

Stefania Pellegrini