Per loro «passare 2 mesi in Italia è pari a fare 4 anni di scuola a Kabul»

Ci vuole raccontare la sua ultima visita a Kabul?
La prima volta che sono stata in Afghanistan è stato due anni fa. L'ultima a marzo: due settimane dopo il ritorno dei ragazzi a Kabul sono andata a trovarli con la delegazione del Cisda (Coordinamento italiano sostegno donne afghane, ndr): eravamo in sette e abbiamo visto gli orfanatrofi e conosciuto associazioni del luogo.

Come sono le case di accoglienza in cui vivono i ragazzi “adottati” da San Giuliano lo scorso inverno?
Cinque splendide comunità che in tutto ospitano 50 ragazzi, obbligati a lasciare le famiglie che non possono più mantenerli. Lavora con loro un responsabile molto competente, il cui obiettivo principale è il benessere dei bambini. Ad esempio, insiste per far sì che vadano a scuola. Infatti, non si deve dimenticare che lì si è in uno stato di guerra, dove la scuola pubblica è stata riaperta solo 4 anni fa.

Situazione difficile, aggravata per le donne?
La percezione delle donne è che non siano portatrici di diritti: la psicologa di un centro di sostegno ci ha spiegato che rimangono stupefatte quando le si dice che hanno dei diritti. Credono di essere delle nullità.

Nella sua esperienza, cosa ritiene che significhi per questi bambini trascorrere due mesi in Italia?
Risponderei con le parole del responsabile degli orfanotrofi di Kabul: «per un bimbo passare due mesi in Italia è pari a fare quattro anni di scuola a Kabul». Quello che le famiglie danno in affetto e vita relazionale è un bagaglio che li rinforza e gli fa credere in un futuro migliore.

Progetti per il prossimo anno?
Intendiamo riproporre il progetto e allargarlo a più Comuni. A Udine ci sarà l'accoglienza di tre ragazze, ma noi vorremmo diffonderlo anche sul nostro territorio.

Elisa Murgese