Una relazione svela i segreti di Genia

La commissione preposta ha fatto luce sulle casse sangiulianesi

Ci sono volute quindici audizioni, cinquantacinque ore di lavoro in commissione e diciassette sedute. Sono serviti testimonianze e faldoni di documenti. Ma finalmente la Commissione d’indagine sul gruppo Genia Spa ha fatto luce sulla situazione in cui versa quest’ultima. Attraverso la relazione conclusiva, infatti, molti sono stati i lati sviscerati e dichiarati nero su bianco, che finalmente chiariscono la situazione da mesi nascosta alla cittadinanza. I commissari, aiutati da una figura tecnica esterna, Saverio Maria Bratta, commercialista, revisore e professore presso l’università Bocconi di Milano, effettuando un’attenta analisi sugli aspetti economici, finanziari e patrimoniali che hanno caratterizzato Genia dal 2005 a oggi, hanno tirato quindi le somme, dichiarando nella relazione: «Genia risulta un gruppo di aziende che evidenzia gravi carenze organizzative e scarso coordinamento nelle diverse funzioni aziendali. Tali carenze sembrerebbero crescere in modo direttamente proporzionale all’aumento dei volumi di affari e della molteplicità dei servizi attivati. L’alto grado di confusione, di scarsa comunicazione e interrelazione tra le differenti aree funzionali, ha generato un livello di inefficienza particolarmente diffuso e dannoso». Dalla relazione emerge un quadro pessimo su tutti i fronti: per quanto riguarda l’aria commerciale «è quasi inesistente», per l’area amministrativa «il mancato controllo dei costi, il pesante arretrato della fatturazione, il mancato controllo della regolarità e tempestività degli incassi delle bollettazioni non sono giustificati, anche alla luce dei notevoli investimenti in attrezzature e tecnologie informatiche», e per l’area organizzativa «l’organico aziendale è cresciuto nell’ultimo biennio in modo esponenziale in assenza di un corrispondente incremento di attività e l’inserimento di nuove risorse non sempre è stato allocato laddove ve ne era maggiore necessità».
Tasti dolenti per l’area finanziaria, la più critica: «la marginalità operativa prodotta dalla vendita dei servizi non è stata più in grado di contenere l’esposizione debitoria con fornitori e banche e di coprire gli oneri costituiti dai mutui accesi. Un problema che inizialmente era di pura e semplice natura finanziaria si è ingigantito al punto da coinvolgere anche la struttura economica del gruppo». Ma la relazione prosegue: «La gestione finanziaria è stata del tutto inadeguata. Lo stock del debito è cresciuto negli ultimi due anni a livelli tali da generare pesanti oneri finanziari che hanno compromesso l’equilibrio di gestione». Errori, su errori, su errori, come la creazione di una sede lussuosa e sovradimensionata, gli eccessivi investimenti, i benefits ai dirigenti, i regali aziendali, l’aumento di organico, le infrastrutture interne: errori che hanno, per esempio, portato a un debito di 12 milioni di € nei confronti di Eni, che tra l’altro genera una corresponsione di un importo pari a 110mila € mensili a titolo di interessi moratori.

Stefania Pellegrini