Fra gli "Occhi della guerra", anche quelli di Fabio Polenghi

Presenti alla mostra"Gli occhi della guerra" anche le foto di Fabio Polenghi. Inoltre sono emersio alla luce nuovi retroscena sulla sua uccisione.


Paure, ansie, dolore sono solo alcuni degli stati d'animo che si possono cogliere dalle fotografie presenti alla mostra dal titolo: "Gli occhi della guerra". Fausto Bioslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, con questa mostra hanno voluto raccontare oltre 25 anni di servizi dai fronti più caldi del mondo. Per occhi della guerra, infatti, si intendono anche quelli dei giornalisti, fotografi, cineoperatori attratti per passione professionale e umana dai conflitti sia lontani che alle porte di casa. La mostra è rimasta aperta al pubblico dal 25 novembre fino all'11 dicembre, presso il Palazzo Isimbardi di Corso Monforte 35 a Milano. Promossa dalla Provincia di Milano e dall'Associazione Live Europe, non si pone solo come mostra fotografica bensì come documento giornalistico della memoria. Tra le molte fotografie ci sono anche quelle di Fabio Polenghi, fotoreporter segratese tragicamente ucciso il 19 maggio 2010 a Bangkok in Thailandia, mentre documentava l'assalto finale dell'esercito all'accampamento delle camicie rosse. La guerra è crudele e non basta non guardarla negli occhi per eliminarla e purtroppo Fabio ne ha pagato ingiustamente le conseguenze. Grazie alle sue foto, però, continua a vivere tra tutti noi, come quei momenti da lui immortalati con profonda passione e inscritti ormai nella storia. Nuovi retroscena emergono sull'uccisione di Fabio; secondo quanto riporta il quotidiano tedesco Spiegel, testimoni nell'esercito avrebbero raccontato di aver avuto l'ordine di colpire i giornalisti e di confiscare loro ogni prova o materiale professionale, notizia ribadita anche dalla rivista inglese Reporters without borders. Sembra che le cose inizino ad assumere una certa fisonomia, ma per arrivare a un verità certa pare che bisogna aspettare ancora molto e tutti noi ci auguriamo che un giorno o l'altro sia fatta giustizia!
Giancarlo Capriglia