Isa, la sorella di Fabio Polenghi, il fotografo ucciso durante un reportage in Thailandia, è stata in Oriente per chiedere la revisione del caso

Revisione caso fotoreporter segratese ucciso a Bangkok

Rivedo Isa dopo tanti anni, ma l’immagine di lei ragazzina già con la macchina fotografica tra le mani, è ben impressa nei miei ricordi. Da pochi giorni è rientrata dalla Thailandia, mi mostra alcune foto recentissime che la ritraggono al funerale di alcune vittime delle camicie rosse morte nel 2010. Con lei Robert Amsterdam, l’avvocato delle camicie rosse, che ha raccolto prove (fondamentale la testimonianza resa da un alto membro dell’esercito, meglio conosciuta come “Dichiarazione del testimone anonimo n.22”) già presentate al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, che evidenziano la innegabile violazione, da parte delle truppe governative tailandesi, dei fondamentali diritti umani durante le sommosse dell’aprile-maggio 2010 a Bangkok, in cui hanno perso la vita più di 90 civili, tra cui suo fratello Fabio. Questa volta Isa, delusa dal silenzio e dall’indifferenza delle istituzioni, è partita senza seguire i canali diplomatici, ha scelto di percorrere una strada parallela in cerca di verità e giustizia. Non solo per  Fabio, che quel giorno documentava con i suoi scatti una verità forse troppo scomoda, ma perché tutti coloro che vogliono testimoniare, raccontare quello che accade nel mondo con impegno sociale e civile, non debbano morire per questo. Più che una riapertura del caso (in effetti non è mai stato chiuso), Isa ha chiesto (aiutata da un avvocato locale) che l’indagine passi dalle mani della DSI (Dipartimento Indagini Speciali, ente investigativo governativo) a quelle della Polizia municipale di Bangkok. Perché? Semplice, spera in una maggiore garanzia di limpidezza nelle indagini. Una grande speranza che Isa aveva già apertamente manifestato a luglio in occasione di un cambio nel governo. Infatti nella sua "Lettera aperta al nuovo Primo Ministro della Thailandia" auspicava che i casi del 2010 fossero riesaminati affinché «il sacrificio di tanti abbia un senso e venga ripagato con onestà, giustizia, impegno e responsabilità per una rinascita forte e sana del suo Paese, che metta al primo posto la difesa della vita umana».

Cristiana Pisani