Uccidere in nome di Dio?

Una riflessione di Padre Giuseppe Paparone dopo l'attentato in Francia

Parigi, 07 gennaio 2015, ore 11:00 
Un commando di terroristi islamici entra nella redazione di un giornale e uccide 12 persone.
Un ennesimo atto di violenza scientificamente pianificato per risolvere un problema sociale. 
Ma dietro queste mani, dietro questi corpi che operano, dietro queste menti che pianificano, che organizzano, che scelgono un obiettivo violento e crudele che cosa c’è? 
La mente è messa in moto da pensieri, desideri, progetti religiosi, progetti sociali: quali sono i pensieri e i valori che hanno premuto il grilletto dei Kalashnikov?
La risposta sembra fin troppo semplice, quasi banale, ma credo sia proprio questa e nondobbiamo aver paura a proclamarla: si tratta del rifiuto radicale di un modello di società che ai loro occhi appare ormai senza valori forti, di una aperta ribellione a una cultura sentita come nemica, ostile perché orientata a perseguire valori e beni percepiti come negativi e autodistruttivi; ancora più profondamente c’è l’opposizione disperata a questa cultura e la profondissima persuasione di dover fare tutto il possibile per distruggere beni e valori materialisti sentiti come negativi in senso assoluto perché nemici di Dio.
Se non comprendiamo qual è il vero problema non troveremo mai la soluzione.
Dietro quei grilletti c’è la speranza folle, malata di distruggere un mondo senza Dio per crearne uno dove Dio possa essere finalmente il sovrano di tutti e regnare con le sue leggi assolute, confondendo così Dio con l’idea che se ne sono fatta.
Siamo di fronte a un desiderio di dominio, una volontà assolutistica che si ammanta di un ideale apparentemente religioso che vuole contrastare una società che, senza dubbio, vive una crisi che è sotto gli occhi di tutti: è materialistica, senza valori forti, senza identità, totalmente in balia della ricerca egoistica ed individualistica del piacere terreno fine a se stesso... 
Una società dove l’IO dei singoli o dei gruppi di potere si è sostituito a Dio e ai valori forti capaci di generare una società giusta, onesta, solidale…
Questi gesti atroci quindi devono farci prendere atto che alcuni rifiutano una società che pensa solo all’oggi, una società che ha come fine il godimento terreno, che rifiuta valori assoluti. 
Ma al tempo stesso possono aiutarci a comprendere che gli ideali di giustizia, di verità, di uguaglianza non possono assolutamente essere perseguiti e imposti con la violenza, con la forza, con il sangue. 
La soluzione è una sola, ardua, impegnativa, difficile, ma è l’unica realizzabile: è l’impegno di tutti a vivere il nostro oggi nella verità, nella ricerca del bene di tutti, nella solidarietà. 
Se vogliamo estirpare la violenza dalla nostra società dobbiamo cominciare tutti e subito, perché non abbiamo più tempo. 
Dobbiamo essere più benevoli, più misericordiosi, soprattutto più onesti e giusti. In una parola, dobbiamo collaborare tutti a creare un humus vitale dove tutti possano sentirsi compresi e accolti, dove a tutti sia data la possibilità di esprimere il proprio potenziale di bene. 
Certamente per quanti credono, per quanti sono cristiani questo processo è facilitato dalla vicinanza e comunione con Dio e la via per raggiungerlo è indicata dal Vangelo.