La protesta degli immigrati di Pieve Emanuele: la risposta delle Istituzioni

Alcuni rappresentanti istituzionali commentano la protesta degli immigrati a Pieve Emanuele

La piccola rivolta scatenatasi nella mattinata era più che prevedibile. È vero, gli immigrati, in quanto profughi di guerra, alloggiano nel residence Ripamonti, completamente spesati dallo Stato Italiano, ma, oltre a questo, non ricevono nessun altro tipo di sostentamento, cosa che costringe gli immigrati ad essere quasi immobilizzati nel Residence, senza lavorare né muoversi dalla città.
Anche il sindaco di Pieve Emanuele, Rocco Pinto, non sembra stupito per la reazione dei profughi. «Prima o poi e' chiaro che doveva accadere qualcosa» ha commentato Pinto, che aveva già minacciato di restituire le deleghe se non fosse stata fatta al più presto una cabina di regia lombarda sulla questione profughi. «Il numero dei profughi è diminuito rispetto a qualche mese fa, da 420 sono passati a circa 250 – ha precisato il Sindaco - basterebbe metterne un paio in ogni comune del milanese e qui lasciarne anche 5 o 6».

Ad aggravare la situazione, si aggiunga il fatto che gli immigrati, sprovvisti di permesso di soggiorno, non dispongono di denaro contante e non hanno alcuna occupazione durante il giorno. Ha espresso la sua personale preoccupazione sulla questione anche Romano La Russa (nella foto), assessore regionale alla Protezione Civile, Polizia Locale e Sicurezza. «Le ragioni della protesta dei profughi – commenta La Russa - presenti a Pieve Emanuele sono chiare, anche se fino ad oggi la situazione è rimasta tranquilla in tutta la Lombardia. Il vero motivo scatenante – continua l’Assessore - potrebbe essere la diffusione della notizia che buona parte delle richieste di asilo politico sarà rigettata. Era prevedibile che l’impossibilità di lavorare – spiega La Russa - portasse all’esasperazione degli animi di profughi che da mesi sono ospitati nelle strutture senza svolgere nessun tipo di attività». La Russa, però, tiene a precisare che i vincoli sono posti dall’Unione Europea e che, quindi, l’Italia può fare ben poco a riguardo. Solidarietà giunge anche dal consigliere regionale Udc Enrico Marcora, che ha dichiarato che «la buona politica dovrebbe ora impegnarsi per depotenziare questa protesta ed eliminare gli ostacoli burocratici per sostenere il Comune e le associazioni di volontariato già pronti e disponibili ad offrire ai profughi corsi di formazione professionale e linguistica alternativi allo stato di ozio forzato in cui versano queste person?e».?

Susanna Tosti