Quando anche l’essere genitori è precario: Manuela Campitelli, ideatrice di www.genitoriprecari.it

Manuela Campitelli è una giornalista di 32 anni. Come molte donne della sua età, ha collezionato una lunga serie di esperienze lavorative e di contratti atipici. Poi è rimasta incinta. Ed è scaduto anche il suo contratto. Quando il suo bimbo ha compiuto un anno, Manuela ha aperto il blog www.genitoriprecari.it, nel quale racconta la sua esperienza e crea una rete di mutuo soccorso tra genitori “atipici”.

«In me è nata l’esigenza di creare una rete di sostegno e mutuo soccorso tra le mamme precarie ma anche di condividere storie e parlare con ironia e onestà di cosa vuol dire essere genitori oggi, sempre in bilico tra pappe, pannolini e contratti atipici. Si devono far convivere due concetti antitetici, quello di maternità e quello di precarietà».

Manuela è diventata mamma a “tempo indeterminato” e cerca di conciliare il lavoro con l’essere genitore: «Come faccio? Con i poteri magici ovviamente! Al momento delle dimissioni dall’ospedale, ti viene fornito il kit di sopravvivenza che consiste nell’avere otto mani, due baby sitter, Mary Poppins, Tata Lucia e l’esorcista per i bimbi più scalmanati. Scherzi a parte, fortunatamente posso contare sull’aiuto dei nonni (il nostro vero welfare), il marito, il nido e moltissima flessibilità».

La situazione che ha vissuto Manuela è comune a moltissime giovani donne italiane, che partecipano attivamente al blog e condividono pensieri ed emozioni: «Vedo ragazze molto brave ma sempre più affaticate, il talento di giovani laureate svilito dagli stereotipi imposti dalla società. Ci sono molte giovani donne che stanno voltando le spalle a questi schemi, per riappropriarsi delle proprie conquiste. Il mio augurio è che le donne non debbano più avere timore a volere quanto gli spetti».

Oggigiorno, la competenza e il merito contano ancora troppo poco nella vita lavorativa, specialmente per le donne: «Nel lungo periodo l’eccellenza emerge e viene premiata, ma solo dopo aver attraversato un lungo periodo di frustrazione, disoccupazione e precarietà».

Purtroppo alle volte la maternità diventa una “non scelta”: il termine, coniato dalla Campitelli, indica il fatto che molte donne rinunciano alla maternità (pur desiderandola) perché sembra l’unica opzione possibile magari per poter continuare a lavorare oppure perché sembra un obiettivo irrealizzabile.

«Fornire suggerimenti è molto difficile, come in molti aspetti della vita il rischio è da mettere in conto. Anche se la parola rischio, quando si parla di un figlio costituisce un ossimoro. Dalle testimonianze del mio blog però, nonostante le difficoltà, per ogni mamma il proprio bambino rappresenta un valore aggiunto e il motivo per andare avanti» conclude Manuela.
Vanja Colia