Romano Prodi: “La mia visione dei fatti”

L’ex Presidente del Consiglio e della Commissione europea parla della crisi economica

Sbloccare la democrazia: dovere di questa fase politica fortemente compromessa. È il tema che il Circolo Dossetti ha scelto per il corso di formazione alla politica di quest’anno. Ad aprire le lezioni, Romano Prodi, due volte presidente del Consiglio, nonché ex presidente della Commissione europea. Il suo intervento, rifacendosi al suo testo, “La mia visione dei fatti”, ha affrontato il tema dell’etica e della responsabilità.
Nel suo libro, “La mia visione dei fatti”, c’è un paragrafo dal titolo “Gli strumenti del mestiere”, in cui illustra i fattori dell’economia della conoscenza. Quali sono questi fattori e come si inseriscono nell’economia della conoscenza?
Il libro è centrato sull’Europa ed è proprio il problema della conoscenza il grande dramma che stiamo vivendo. O mettiamo tutte le risorse che abbiamo nella ricerca, nella formazione, nella scuola, oppure scompariremo dal mondo di oggi. Ormai, anche dal punto di vista quantitativo, il numero dei ragazzi, dei giovani che vengono assunti con competenze specifiche, soprattutto nel campo tecnico, è talmente alto nel ‘mondo nuovo’ - rispetto che da noi - che la partita è persa. Se noi non cambiamo registro, se non intensifichiamo e specializziamo molto di più il nostro sistema del sapere, semplicemente la partita è persa, si gioca tutto lì.
Scoppio della crisi economica, fine settembre 2008. Se fosse stato Lei al Governo, cosa avrebbe fatto per arginare la crisi?
Non essendo stato al Governo, è una domanda a cui non mi sento di rispondere. Dico però che, a livello mondiale, questa crisi – che è una crisi grandissima – avrebbe fatto precipitare le cose, se non ci fosse stato il rapido intervento di Obama, col primo pacchetto, e dei cinesi che hanno messo un argine a una frana che stava arrivando. Oggi, si criticano questi provvedimenti, ma non dimentichiamo che eravamo davvero sull’orlo dell’abisso e che decisioni sagge di politica economica ci hanno salvato. Certamente, qui torniamo al problema europeo – se vuole, anche a quello italiano; noi italiani siamo calati di oltre il 5% nel 2009, ancora più lungo tutto l’arco della crisi, e stiamo risalendo dell’1% all’anno. A questi ritmi il Paese non si salva.

Il caso greco, un caso simbolo dell’interesse europeo…
Un caso piccolo ma rappresentativo. La Grecia rappresenta il 2% dell’economia europea, quindi il problema si poteva risolvere facilmente e in poco tempo. Non è stato risolto in fretta, perché ogni Paese guardava al suo interno. Soprattutto, la Germania aveva le elezioni regionali e il cancelliere non voleva dare il messaggio che si spendessero soldi per salvare coloro che avevano commesso sbagli. E, allora, si è rinviata la decisione e il problema, da piccolo, è diventato molto più grande. Questo non vuole dire che gli errori e gli sbagli commessi dai greci non siano stati gravi, anzi. Il caso era quantitativamente piccolo, ma è pur vero che i greci hanno imbrogliato, in modo palese anche. E questo è avvenuto non per caso. Quando è nato l’euro, la Commissione che allora presiedevo aveva proposto sistemi di controllo sui conti dei singoli paesi. Sono state proprio la Germania e la Francia che non hanno voluto questi sistemi di controllo, perché ledevano la loro autonomia nazionale, la loro sovranità. Il risultato è che altri ne hanno approfittato; la Germania si è sdegnata, ma bisognava anche capire che, se ci si pensava prima, si poteva evitare anche questo.

Due volte Presidente del Consiglio, è proprio escluso che ci sia una terza volta?
È escluso.
Elisa Giacalone