Fecero esplodere il bancomat della Banca Popolare dell'Emilia Romagna a Peschiera: nuove accuse per i 3 sopravvissuti

Il gruppo, composto da 5 rom tutti imparentati tra loro, si schiantò su una rampa della Tangenziale Est a 260km/h e 2 componenti persero la vita

L'auto dei banditi accartocciata dopo lo schianto

L'auto dei banditi accartocciata dopo lo schianto

Erano circa le 3:00 del mattino di sabato 31 gennaio quando una paurosa esplosione fece svegliare di soprassalto i residenti di via Liberazione a Peschiera. Dietro l’esplosione c’era un tentativo di assalto al bancomat della filiale della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, ordito da una banda composta da 5 rom, tutti imparentati tra loro e residenti in un campo nomadi nel milanese. Il gruppo, dopo aver saturato di acetilene lo sportello automatico, lo aveva fatto esplodere, ma la struttura aveva resistito, nonostante i locali della banca fossero andati totalmente distrutti. Fallito il colpo, la banda era risalita velocemente a bordo di una Audi S6 rubata e si era data alla fuga lungo la Paullese, tallonata dai carabinieri. La folle corsa si era infine arrestata sulla rampa della Tangenziale Est tra San Donato e Milano, dove l’auto si era schiantata a 260km/h. Dall’impatto erano usciti vivi solo 3 componenti della banda, R.S. di 23 anni, C.S. di 37 e M.S. di 40, tutti ricoverati in ospedale, mentre per C.S. e D.S. non c’era stato nulla da fare. 
Ora, a 5 mesi dall’accaduto, i superstiti sono stati tutti trasferiti in carcere e per loro si sono profilate nuove e pesantissime accuse, che potrebbero farli rimanere dietro le sbarre per diverso tempo. In un primo tempo, infatti, erano stati loro contestati i soli reati di tentato furto con esplosivo, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale. A questi capi d’imputazione, però, si sono recentemente aggiunti anche quelli di omicidio colposo dei complici, crollo doloso di costruzione (visti i pesanti danni causati alla banca e anche ad alcuni immobili circostanti) e detenzione di esplosivo. In particolare, a R.S., C.S. e M.S. il magistrato ha contestato la “continuità della condotta criminale”, sia come ragione della morte degli altri 2 componenti della banda, sia come causa di una possibile strage, che solo per fortuna non si è verificata.
Redazione Web