Il vampiro della porta accanto

Trent'anni, lavoratore precario, discretamente insicuro, con una grande passione per la musica, il calcio e il cibo spazzatura. L'identikit di Piero non è molto diverso da quello di tanti altri coetanei - perenni adolescenti - che si agitano in cerca di se stessi nella società dei consumi. Ma di notte Piero rivela un lato oscuro, inquietante e perfettamente celato.

Così celato che lui stesso non è consapevole della doppia vita che conduce. Tra un omicidio efferato e l'altro, Piero cerca, con l'aiuto di una psicanalista molto particolare, di fare emergere la sua doppia identità per cercare di porre fine alla sua guerra interiore. Ci riuscirà, pagando un prezzo molto alto.

La figura del vampiro è stata ampiamente emancipata nel corso degli anni da cinema e letteratura. Da "Io sono leggenda" a "Intervista col vampiro", da "Twilight" a "Lasciami entrare", il succhiasangue più celebre della storia della mitologia non è più soltanto l'essere ombroso che abita all'interno di sperduti manieri, dormendo in una bara e spostandosi soltanto nelle ore notturne.

Roberto Panighi, 30 anni, designer peschierese, al suo esordio nel mondo della scrittura, ci presenta un Dracula di provincia, un'anima nera estremamente evoluta, a tal punto da riuscire a separare perfettamente la propria identità umana da quella vampiresca.

"La guerra di Piero", edito da 0111 Edizioni, nelle librerie da fine gennaio, è una storia sufficientemente originale e godibile, soprattutto per un pubblico tardo-adolescenziale che può riconoscersi perfettamente nelle innumerevoli situazioni della quotidianità del protagonista. Ma al di là della trama e di alcuni cliché tipici di questo sottogenere letterario, il romanzo ha altri meriti. Primo fra questi, la rappresentazione metaforica di una battaglia personale contro - o per - se stessi, che rivela l'impossibilità di far convivere diversità troppo disarmanti e soprattutto mette a fuoco una mostruosità che è intrinseca nella natura degli esseri viventi, siano essi umani o vampiri.

«Non mi ritengo una scrittore», dichiara Panighi. «Avevo solo una storia che mi girava per la testa da un po' di tempo e ho deciso di tirarla fuori». Anche se il finale lascia più di una porta aperta a un eventuale seguito.

Davide Zanardi