Difendere, non offendere Arti marziali contro la violenza


Ma il corso parte da lontano, purtroppo da esperienze personali di grande sofferenza che, però, hanno trovato nelle tecniche di autodifesa una nuova ragione per ricominciare e risollevarsi. E questo è proprio il caso di una ragazza conosciuta dai maestri del corso. Qualche anno fa fu vittima di una violenza in un paese dell'hinterland milanese: oggi questa ragazza è una bellissima persona di quasi 40 anni, sposata e con dei figli che ama.
Che cosa è, allora, l'autodifesa? Siamo andati proprio dal maestro Lionetti a visitare il suo corso, dove insegnano altri istruttori come Marcello e Giuseppe. “È un kung-fu adottato per la strada”, dicono, precisando che, ovviamente, non si esaurisce tutto in questa definizione. Più arti marziali concorrono a fornire posture e mosse di autodifesa; lo stesso Lionetti ha iniziato nel 1972 con il karate ed è passato per il kung-fu.
Nella simulazione, gli istruttori si pongono in una posizione di partenza che favorisce l'equilibrio e la prontezza di risposta, secondo un piano di reazione prestabilito. Quando l'aggressore gli si avventa contro, neutralizzano l'attacco con una mossa agile e ferma, sia che l'attacco consista in un pugno, sia nella minaccia di un coltello o di un qualsivoglia gesto offensivo. La mossa successiva è mettere l'avversario in condizione di non nuocere. Queste tecniche, infatti, non sono fatte per offendere, ma per difendere. Di più: insegnano anche a conoscersi. Dice Marcello: “In quello che si fa bisogna crederci, ma bisogna conoscersi. Il corso serve ad acquistare fiducia”. Luigi, un allievo, dice che il corso dà veramente qualcosa in più. Un qualcosa che è una cultura, non solo l'immagine distorta che, spesso, danno i mezzi di comunicazione. Una cultura che significa prima di tutto “difendere il più debole”. Quello che oggi, purtroppo, manca troppo spesso.

Simone Fanciulletti