Flavio Pirini, un poeta dei giorni nostri, si racconta in un'intervista

Flavio Pirini, cantautore di Caleppio di Settala, ci ha concesso di conoscerlo meglio attraverso un’intervista. Flavio appare come un artista a 360 gradi, un cantante ma allo stesso tempo un poeta contemporaneo. Vediamo cosa ci ha raccontato.

  

Flavio, ci racconti qualcosa di lei. 

Sono un cantautore. Sembra strano ma ne esistono ancora. Ostinati continuano a produrre canzoni che sembrano poesie e viceversa. C'è bisogno di poesie oggi? Facile rispondere affermativamente, più difficile dire se ci sia bisogno di poeti o, ancor più, di cantautori. Sembriamo immersi in una morale che considera tempo perso quello dedicato alla musica o al teatro, eppure siamo pieni di divi e neodivi dello spettacolo. E insieme molti aspirano a diventarlo. Le persone subiscono questa altalena di valori e spesso ne sono influenzati. 

Per quanto vedo facendo questa professione, trovo che, insieme alla richiesta di intrattenimento, la gente esprima un desiderio, quasi una fame, di grattare la superficie. Vuole guardare attraverso o anche di traverso. Vuole punti di vista inusuali, che stimolino pensieri inaspettati, che l'aiutino a capire, o meglio a essere consapevoli, delle cose della vita. Quando si assiste ad uno spettacolo si può esserne divertiti oppure addirittura cambiati. Entrambi questi risultati sono il lavoro dell'artista. Non mi riferisco a me naturalmente. Io mi limito a scrivere canzoni.

Come si è avvicinato al mondo della musica?

Avevo 12 anni e con mio fratello trovammo una chitarra nella soffitta comune della palazzina dove vivevamo. Ci sembrò una scoperta meravigliosa e ottenemmo che ci venisse regalata. Non so dire perché mi appassionai. In parte, probabilmente, avevo già visto certi artisti e volevo emularli, ma più forte fu la sensazione del piacere della creatività, del trasporto. Suonare è anche ascoltare, cioè si sovrappone l'esperienza dell'ascolto musicale con quella del suonare. Si suona esattamente ciò che si vuole ascoltare. Questo tipo di sensazione del tutto personale a volte mi capita anche oggi, ma solo quando suono in privato. Ma la professione arrivò moltissimi anni dopo.


Qual è la particolarità dei suoi spettacoli?

Sono sempre stato appassionato di comicità. Con i comici ho lavorato e lavoro spessissimo e da loro ho imparato moltissimo. Così i miei spettacoli oggi non sono i tradizionali concerti di musica d'autore. Si sono arricchiti di monologhi, filastrocche, canzoncine ironiche o satiriche. Mi piace mescolare e alternare i momenti, dando la stessa importanza alla parte poetica come a quella leggera. Mi permetto di parlare molto, di ospitare altri artisti, di proporre novità o commentare l'attualità, tutte cose che rimandano al cabaret più che alla sala da concerto. Ma rimango un cantautore e alla fine è la canzone che deve riscattare tutto. Lì non si può più mentire, bisogna metterci quella sensibilità che una canzone cosiddetta d'autore richiede. Se non si ha niente da dire si sente.


Dove si esibisce?

Quest'anno, inteso come stagione, sono artefice di due appuntamenti fissi: “Odio la domenica”, che si tiene ogni ultima domenica del mese all'Agorà di Cusano Milanino, dove mi esibisco in compagnia di un ospite diverso ogni serata. Poi “TekaPiRichter”, cioè i TekaP + Flavio Pirini + gli Ottavo Richter, altro appuntamento mensile nel quale condivido il palco con i musicisti di due band, quasi a formarne una terza, i TekaPiRichter appunto. Questo show si tiene ogni primo sabato del mese alla Svolta a Rozzano. A gennaio, inoltre, debutterò con il nuovo spettacolo “Showpero”, con il comico Pasqualino Conti e la regia di Renato Sarti, al Teatro della Cooperativa di Milano. Si parlerà di protesta e lavoro, con tutto ciò che implica.

Più in generale il tipo di spettacolo che faccio, con qualche aggiustamento, mi consente una collocazione abbastanza versatile. Mi capita di esibirmi in club, teatri, circoli, cabaret, festival. L'unica cosa che mi interessa è l'ascolto. Raccontare a chi non sta a sentire non è frustrante, è inutile. Un cantautore messo su un palco come sottofondo a un chiacchiericcio non può fare bene il suo lavoro. Semplicemente è nel posto sbagliato. Così come nessuno si sognerebbe di far suonare la banda del paese in discoteca.

 

Che rapporto ha con Caleppio di Settala?

Non sono nato a Caleppio, ma ci vivo da quasi due anni e ci sto abbastanza bene. Essendo l'ultimo arrivato non mi permetto di dire molto. Penso, però, di aver intuito che questa frazione sia un po' snaturata dalle grosse strade, assai trafficate, che la circondano e dalla massiccia presenza industriale. Non so cosa ne pensino gli abitanti, ma credo di non sbagliarmi se dico che non molti anni fa, la nebbia c'era già, ma si respirava meglio.


Come promuove i suoi spettacoli?

Con i soliti mezzi di promozione. Articoli, interviste, flyer, qualche volta la radio. Da qualche anno anche attraverso la rete, il mio sito e i social network.


Quale invito rivolge ai nostri lettori?

Andate a vedere gli spettacoli dal vivo. Uno show visto senza il filtro di un video o una registrazione è ancora l'esperienza più coinvolgente. È la differenza che sta tra guardare le cose e viverle.


Susanna Tosti