La riflessione di Sgarbi alla Biennale di Milano: «Dove c'è arte non può esserci violenza», Morgan: «L’arte è un'espressione di gentilezza»

Biennale Milano International Art Meeting è aperta dalle ore 10 alle 18.30 fino al 28 novembre, con ingresso libero, nella prestigiosa sede di Palazzo Stampa di Soncino in Via Torino 61

Da sinistra Vittorio Sgarbi, Salvo Nugnes, Morgan

Da sinistra Vittorio Sgarbi, Salvo Nugnes, Morgan

La folta platea

La folta platea

Alla Biennale di Milano partecipano quasi trecento artisti provenienti da tutto il mondo. Il filo conduttore che lega le loro opere è l’universo femminile in ogni sua declinazione, attraverso varie forme espressive, dalla pittura alla poesia, dalla scultura alla fotografia. Per volere del suo patron, Salvo Nugnes, l’edizione di quest’anno  è interamente dedicata alle donne. Sabato 25 novembre, data in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, si è svolto un dibattito sul tema, al quale hanno preso parte Vittorio Sgarbi e Morgan.

«L'arte non è mai violenta, è un'espressione di gentilezza e per questo dico che è femminile. Ma i testi del rap non è che siano proprio eccezionali. Un tempo, una decina di anni fa, quando l'hip-hop in Italia stava muovendo i primi passi, erano quasi interessanti perché sembrava quasi che sostituissero quelli dei cantautori, oggi però sono degenerati e sinceramente sono troppo violenti. E non mi piacciono i testi violenti», ha dichiarato Marco Castoldi in arte Morgan . Secondo Morgan «l'arte, innanzitutto, è femminile, infatti la musica viene da '"musa" - ha spiegato - tutti gli esseri che fanno arte in realtà sono femminili. Sono cresciuto in una famiglia di sole donne, l'unico uomo era mio padre che è venuto a mancare quando ero piccolo. A 14 anni facevo l'uncinetto con i ferri anziché giocare a pallone. Ho una personalità molto in sintonia con quella femminile. Sono contento che la Biennale sia dedicata alle donne perché in questo momento storico, con tutti i problemi che ci sono stati di violenza, c'è bisogno di un'attenzione particolare e di sensibilizzare. Bisognerebbe che questi fatti di violenza fossero analizzati in modo profondo perché c'è un problema sociale secondo me».

«Sostengo da sempre – ha detto Vittorio Sgarbi - che dove c'è arte e sensibilità non può esserci violenza. Serve educare alla poesia di Petrarca e Leopardi, alla pittura, ai testi con storie spirituali di grande bellezza, come quelle di Dante e Beatrice o Tristano e Isotta, più che alla sessualità. L'arte ti porta a sentire qualcosa di alto e a non essere violento»

Prendiamo spunto da queste parole per ricordare che l’educazione estetica ha sempre avuto, nella storia della nostra civiltà, una funzione essenziale nella formazione dell’individuo e della collettività. Fino alle Avanguardie Storiche, nei primi due decenni del Novecento, l’arte guardava alla Bellezza e aspirava all’Eternità. Un’opera Bella è tale per sempre, anche se gli stili mutano a seconda delle epoche.

 «L’idea di Bellezza – scrive Stefano Zecchi nel Sillabario del Nuovo Millennio – era un punto di riferimento non solo per comprendere le cose dell’arte, ma anche per stabilire il valore dell’organizzazione sociale e il significato dell’azione individuale, per valutare i modelli della conoscenza e del giudizio». In seguito, l’immagine del mondo incomincia ad essere sottratta alla verità della rappresentazione artistica e viene consegnata al sapere della scienza. Il potere della tecnologia, sempre più dominante, relega la bellezza alla soggettività e finisce per attribuirle un mero significato decorativo. Prevale un’idea di cultura e di educazione tecnica, pratica, funzionale.

Nell’ultimo decennio, tuttavia, sono sempre più numerosi coloro che si impegnano a cercare, attraverso l’arte, una bellezza moderna. Sono sempre di più gli artisti che si allontanano dall’arte come provocazione e si dedicano alla ricerca di forme espressive in grado di emozionare per la loro bellezza e comunicare un senso, valori etici e di verità. Lentamente, si sta dunque facendo nuovamente strada, l’idea che l’arte, nell’era della tecnologia, debba recuperare il suo ruolo profetico di plasmatrice dell’immagine del mondo per salvaguardare l’integrità dell’essere umano, nella natura che gli è propria.

Certo, oggi non vi è più, come nel passato, una visione unitaria in grado di portare ad uno stile comune, pur con tutte le sue varianti. Tuttavia, una parte dell’arte contemporanea si è rimessa sulle tracce della Bellezza come valore estetico che conduce al valore etico del Bene e al valore conoscitivo del Vero. È un cammino che procede in modo rapsodico, secondo l’estro di ciascun artista. Ad ogni modo, il segnale che giunge è forte e importante.

Se si procede nella direzione del riconoscimento dell’educazione estetica come fondamento della formazione dell’individuo e punto di riferimento per la società, è quindi chiaro che l’educazione sentimentale che ne segue dovrebbe avvenire – come ha affermato Sgarbi - nel confronto con i grandi classici della letteratura, della poesia e delle arti. È a questo tesoro, che oltretutto abbiamo a portata di mano, che la scuola e gli enti educativi dovrebbero attingere per la formazione delle giovani generazioni. Non vi è testo di psicologia né lezioni di sessualità che possano valere quanto gli insegnamenti dei classici delle varie epoche, i quali sanno raccontare l’animo umano meglio di chiunque altro e sono uno scrigno di valori preziosi dai quali ripartire con occhi rivolti al presente e al futuro.

Caterina Majocchi
Critico d’Arte e consulente artistico