Pio IV, l’ultimo rinascimentale: pietas, mondanità, compromessi e grandezza del papa del Perdono

A Roma una star della diplomazia. A Musso, avvocato dei pirati del lago di Como. In Vaticano sarà sponsor di Giovanni Pierluigi da Palestrina, e talent scout del nipote san Carlo Borromeo: commissiona Santa Maria degli Angeli al Buonarroti ma nella Sistina dovrà farsi malvolentieri censore dei nudi michelangioleschi. Abile uomo di mondo ma fedelissimo alla Chiesa, a Trento è il finalizzatore del grande Concilio cattolico.

A Melegnano è il promotore, mediante la Bolla del Perdono, del piccolo giubileo meregnanino. Gian Angelo Medici di Nosigia, papa Pio IV e fratello minore del feroce Medeghino, stretto in una definizione proprio non ci sta e Sergio Redaelli, giornalista e scrittore vissuto cinque anni fianco a fianco con documenti cinquecenteschi e lettere originali, è riuscito a farsi strada in questa ricca, complessa personalità. Lo intervistiamo. «È stato un grande papa. Lo considero l’ultimo dei papi rinascimentali – non esita a dire Redaelli –. Anche un papa sottovalutato. Prese una Chiesa squassata, in poco meno di sei anni la riportò a nuova disciplina e a nuova vita». Redaelli ne ha tratto nel 2010 una vivida e vigorosa biografia per i tipi di Ugo Mursia, di notevole scorrevolezza e dal titolo provocatorio: Pio IV, un pirata a San Pietro. «Certamente è una figura trasgressiva – chiarisce Redaelli –. Arriva al pontificato già padre di tre figli, dopo un conclave scandaloso che sparse odore di compravendita di voti. Un peccatore forse ma, come oggi ammonisce papa Francesco, nel peccatore, con opere buone e grandi realizzazioni, può esserci molto di bene». Tollerante, di ampie vedute, chiude il Concilio tridentino che definisce tutt’oggi l’organizzazione della Curia; stabilisce la dottrina cattolica, riforma la disciplina degli ordini religiosi maschili e femminili, rinnova l’urbanistica di Roma. E fa di Carlo Borromeo e Filippo Neri i due riformatori della Chiesa. «C’è una ragione – continua Redaelli – se Ludwig von Pastor dedica a Pio IV ben 700 pagine della sua Storia dei Papi».

Il Medeghino, Gian Giacomo MediciUn bizzarro stage giovanile
Sulla sua collaborazione con la pirateria giovanile del fratello Gian Giacomo (un accordo di guerra di corsa per conto di Milano che il Medeghino, futuro marchese di Melegnano, abbraccia giovanissimo da fuorilegge) l’autore non nutre il minimo dubbio. La laurea in legge a Bologna nel 1525 con i soldi del fratello, e il titolo di protonotario apostolico comprato l’anno dopo sempre con i soldi di Gian Giacomo. La partenza temporanea dalla Curia, alla volta della rocca di Musso, come cancelliere del fratello. La lettera da lui scritta al Duca di Milano in rappresentanza della famiglia Medici, usando il termine “noi” in riferimento agli interessi di Gian Giacomo. Lo sgombero di Musso in testa al corteo del fratello, seguito dalla ciurma dei pirati. Il marchesato di Melegnano, rendita di 1000 scudi l’anno, ottenuto in contropartita allo sgombero. Sono le testimonianze che l’autore cita a sostegno di questo bizzarro tirocinio giovanile, che non appare stonato nel curriculum di un ecclesiastico del tempo. Specifica Redaelli: «Già in questa circostanza Gian Angelo dimostra doti diplomatiche e politiche che svilupperà a Roma per Paolo III e Giulio III, e che sfrutterà appieno per il successo conciliare di Trento, ottenuto dove altri più intransigenti di lui non sono riusciti». Senza poi mancare di un occhio di riguardo per la comunità di Melegnano elargendo, nel 1563, una bolla di perdonanza. «Sensibile agli affari, Pio IV cercò di favorire la cittadinanza con questa concessione – conclude l’autore – ben sapendo che attorno alla festa religiosa si sarebbe formato anche un grande vantaggio commerciale».

Marco Maccari