Il decreto sicurezza è legge: più strumenti per difendere i deboli, pene più severe, più tutele per i cittadini e nuove regole per le città

Tra le principali novità spiccano l’introduzione del reato di occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio, punito con la reclusione da 2 a 7 anni, e la possibilità di procedere allo sgombero immediato da parte delle forze dell’ordine anche senza attendere un provvedimento del giudice

Il Parlamento ha approvato in via definitiva il decreto sicurezza, convertendo in legge il testo varato dal Governo lo scorso aprile. Si tratta di un intervento articolato e ambizioso che tocca numerosi ambiti legati alla sicurezza urbana, alla lotta alla criminalità, al contrasto del terrorismo, alla gestione delle manifestazioni pubbliche e alla protezione delle fasce più fragili della popolazione. Il testo introduce ben 14 nuovi reati, 9 aggravanti specifiche e diverse innovazioni procedurali che mirano a rendere più efficace e tempestiva l’azione delle autorità, in un momento in cui cresce la richiesta di legalità e tutela da parte dei cittadini.

Una delle novità più discusse riguarda l’introduzione del reato di occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui. Questo significa che chi si appropria illegalmente di una casa, causando un danno diretto ai legittimi proprietari, potrà essere immediatamente sgomberato anche senza provvedimento del giudice, con pene che arrivano fino a 7 anni di reclusione. Il governo ha voluto così rispondere a un fenomeno che negli ultimi anni ha colpito in particolare persone sole, famiglie anziane o proprietari in difficoltà. In parallelo, viene reintrodotto come reato penale il blocco stradale o ferroviario, misura pensata per evitare che manifestazioni improvvisate o azioni di protesta paralizzino arterie fondamentali del Paese. Il decreto sicurezza introduce un’aggravante specifica per chi ostacola, con violenza o minaccia, la realizzazione di opere pubbliche strategiche. Una misura chiaramente pensata per rispondere ai fenomeni di protesta organizzata, come quelli portati avanti dai movimenti No Tav e No Ponte. L’aggravante si applica nei casi in cui venga commesso un reato – ad esempio resistenza a pubblico ufficiale o danneggiamento – con l’obiettivo di impedire o ritardare la realizzazione di infrastrutture ritenute di interesse nazionale. Secondo il legislatore, questa norma mira a tutelare non solo i cantieri, ma anche l’interesse collettivo allo sviluppo e alla modernizzazione del Paese. La pena prevista va da sei mesi a due anni, con aggravanti se il fatto è commesso in gruppo.

Non manca un giro di vite anche sul fronte del contrasto al terrorismo. Il decreto prevede il reato di detenzione e diffusione di materiali o istruzioni per la fabbricazione di esplosivi o sostanze tossiche, se destinati ad attività eversive. Un altro aspetto di rilievo riguarda le manifestazioni pubbliche. In caso di lesioni gravi o gravissime a un pubblico ufficiale durante disordini, è previsto l’arresto in flagranza differita, e sono state ampliate le possibilità di utilizzo delle bodycam per documentare i comportamenti violenti.

Il decreto estende inoltre il Daspo urbano, già noto per il suo utilizzo in ambito sportivo, a nuove aree e situazioni. Sarà possibile infatti vietare l’accesso a zone sensibili – come stazioni, fermate dei mezzi pubblici, ospedali e aree commerciali – a chi ha commesso reati in quelle aree, anche in assenza di condanna definitiva. Sempre in tema di aggravanti, viene previsto un aumento di pena per chi commette reati nelle vicinanze di infrastrutture di trasporto o nei confronti di operatori del servizio pubblico. Il messaggio è chiaro: le città devono essere luoghi vivibili e sicuri per tutti, e chi ne compromette l’integrità con comportamenti violenti o illeciti andrà incontro a conseguenze più severe.

Significative anche le disposizioni sul fronte dell’immigrazione. I cittadini extra-UE dovranno dimostrare di essere regolarmente presenti sul territorio per poter acquistare una SIM telefonica. Inoltre, viene vietata la commercializzazione della cosiddetta cannabis light, considerata da questa maggioranza una zona grigia che alimenta ambiguità legali e rischi sanitari. Le disposizioni colpiscono anche l’accattonaggio organizzato, introducendo il reato di impiego di minori per la mendicità e aggravando le pene se si sfruttano soggetti vulnerabili.

Sul versante carcerario, viene introdotto il reato di rivolta in istituti penitenziari o centri per il rimpatrio, con pene che possono arrivare fino a 18 anni di reclusione se l’azione causa gravi conseguenze. Inoltre, viene rivisto l’istituto del differimento della pena per le madri con figli piccoli: non sarà più automatico il rinvio per chi ha figli sotto l’anno di età, e sarà il giudice a valutare caso per caso, soprattutto quando sussiste il rischio di reiterazione del reato. La detenzione sarà comunque preferibilmente disposta in istituti a custodia attenuata per madri (ICAM), compatibilmente con la disponibilità di posti.

Tra le novità in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose, spicca l’estensione delle verifiche antimafia ai contratti di rete, uno strumento giuridico spesso utilizzato dalle imprese per collaborare e condividere risorse. Finora questo tipo di accordi era escluso dai controlli antimafia previsti dal Codice dei contratti pubblici. Con il decreto sicurezza, invece, anche le imprese coinvolte in una rete dovranno dimostrare di non avere legami con ambienti criminali. Una misura importante per prevenire elusioni, proteggere il tessuto economico sano e impedire che le organizzazioni mafiose sfruttino forme di aggregazione aziendale per accedere a fondi pubblici o appalti.

Il provvedimento interviene anche sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, semplificando le procedure di destinazione e valorizzazione. Le novità mirano a rendere più rapidi ed efficienti i passaggi che permettono di restituire questi beni alla collettività, evitando che rimangano inutilizzati per anni. Viene inoltre favorita la possibilità di assegnarli ad associazioni, enti locali e realtà del terzo settore che operano nel sociale, valorizzando il riutilizzo a fini pubblici o solidaristici. In questo modo, la lotta alla criminalità organizzata si completa con un messaggio simbolico forte: lo Stato non solo confisca i patrimoni illeciti, ma li trasforma in risorse per il bene comune.

Il lavoro torna ad assumere un ruolo centrale nel sistema penitenziario. Il nuovo decreto prevede agevolazioni fiscali e contributive per le aziende che assumono detenuti, sia all’interno delle carceri sia attraverso il loro reinserimento in contesti esterni mediante misure alternative. In parallelo, è stata introdotta la possibilità per i detenuti di accedere a percorsi di apprendistato professionalizzante, finalizzati al recupero sociale e al ritorno alla legalità. Una visione che rafforza l’idea del carcere non solo come luogo di pena, ma anche come ambiente di rieducazione, capace di restituire dignità e prospettive a chi ha commesso un errore.

Tra le misure più forti a tutela degli operatori delle forze dell’ordine, il decreto introduce il rimborso fino a 10.000 euro per le spese legali in caso di procedimenti penali legati al servizio, e autorizza l’utilizzo sistematico di dispositivi di registrazione audiovisiva per le operazioni di controllo e ordine pubblico. Viene infine potenziata la protezione delle vittime di usura, con l’istituzione di un albo di esperti a supporto del loro reinserimento, e prevista una serie di agevolazioni per le imprese che assumono detenuti o persone in misure alternative, nella prospettiva del lavoro come strumento rieducativo.

Chi non si ferma all’alt delle forze dell’ordine rischia oggi sanzioni molto più gravi. Il decreto sicurezza ha infatti introdotto un significativo inasprimento delle pene per chi, senza giustificato motivo, non ottempera all’ordine di fermarsi impartito da agenti in uniforme o con paletta. Oltre alla reclusione fino a due anni, sono previste aggravanti nel caso in cui il mancato arresto del veicolo avvenga durante inseguimenti o comporti pericoli per la sicurezza stradale e l’incolumità pubblica. Si tratta di una misura che punta a tutelare la vita degli agenti e dei cittadini, scoraggiando comportamenti imprudenti o finalizzati a sottrarsi a controlli di polizia, spesso legati a reati più gravi.

Il decreto sicurezza, nel suo insieme, rappresenta un intervento di grande impatto, che rafforza la capacità dello Stato di intervenire rapidamente e con fermezza in situazioni di pericolo o degrado. Ma soprattutto restituisce centralità al concetto di legalità come garanzia dei diritti fondamentali. L’attenzione riservata alle vittime, ai soggetti fragili e alla sicurezza urbana suggerisce che la finalità primaria del provvedimento non è tanto la repressione in sé, quanto la costruzione di un contesto più giusto e vivibile. Per famiglie sfrattate, anziani truffati, bambini sfruttati per accattonaggio o pendolari minacciati, queste norme possono significare un sollievo concreto.

Dopo anni in cui l’insicurezza è cresciuta anche per la difficoltà ad applicare le regole esistenti, con questo decreto lo Stato riafferma il suo ruolo di garante della legalità. Le misure introdotte – pur discusse – intendono offrire risposte immediate ed efficaci alle domande di protezione, decoro e ordine che provengono dalla società civile. Ed è proprio questa rinnovata attenzione ai più deboli, finalmente messi al centro della strategia di sicurezza nazionale, il segnale più forte e positivo che arriva da questo provvedimento.

Giulio Carnevale