Melegnano, gli eredi impugnano il lascito alla Curia: «Terreno venduto per realizzare appartamenti, tradite le volontà del defunto» |Gallery|

Il terreno sito in via dei Gladioli, venduto a 673mila euro, fu donato alla parrocchia da Piero Gandini nel 1971 per realizzare edifici di culto o ricreativi. Don Mauro Colombo: «Venduto allo scopo di reperire fondi per fare diversi lavori sulle strutture della chiesa San Gaetano»

Il terreno oggetto della diatriba tra la famiglia Gandini e la Curia

Il terreno oggetto della diatriba tra la famiglia Gandini e la Curia sito all'angolo tra via dei Cedri e via dei Gladioli

7giorni ha raccolto lo sfogo di Riccardo Spadaccini Grecchi, nipote del defunto Piero Gandini, che si è fatto portavoce anche delle volontà degli altri membri della famiglia Gandini. Piero Gandini, infatti, negli anni Settanta aveva fatto un lascito testamentario di un lotto di terreno tra via dei Gladioli e via dei Cedri alla Curia melegnanese con un vincolo ben preciso. Ora la famiglia Gandini contesta alla Chiesa il fatto che le volontà del signor Gandini siano state tradite dalla vendita del terreno da parte della Curia melegnanese a una società immobiliare di Tavazzano.
«La chiesa parrocchiale di San Gaetano della Provvidenza - spiega Riccardo Spadaccini Grecchi - nel mese di novembre 2018 ha venduto a 673mila euro, un lotto di terreno di circa 2.000 metri quadri in via dei Gladioli, nel quartiere “Giardino” che nel 1971 era stato donato alla Curia melegnanese da Piero Gandini. Questo lotto è l’ultimo che il defunto aveva trasferito alla chiesa, perché già alla fine degli anni Sessanta aveva donato prima un terreno di circa 5.000 metri quadri per erigere la chiesa di San Gaetano della Provvidenza e poi, agli inizi degli anni Settanta aveva donato ancora alla parrocchia un'altra porzione di terreno da 3.500 metri quadri per erigere la scuola materna, che oggi è frequentata da tantissimi bambini del quartiere. Infine, comprendendo le necessità dei bambini e di tutti quelli che frequentano il San Gaetano e la scuola materna di via degli Olmi, aveva scelto di lasciare alla chiesa proprio il terreno di via dei Gladioli per permettere ai bambini di giocare e svolgere attività ricreative all'aperto. L’unica condizione che aveva espresso in tutti gli atti notarili di donazione, e quindi anche in quello dell’ultima, era quella che il terreno venisse utilizzato esclusivamente per le attività di culto o ricreative dei bimbi. Come si può leggere infatti nell'atto redatto dal notaio De Paoli l’8 agosto 1971 e registrato a Milano il 10 agosto del 1971 “Il terreno viene donato allo scopo di erigervi costruzioni destinate al culto, all'assistenza religiosa o ad opere di carattere pastorale, educativo od assistenziale”. Quindi negli anni di un’incontrollata espansione urbanistica e a palese rinuncia di una personale opportunità di lottizzazione, Piero Gandini aveva preservato una quota di terreni di sua proprietà cedendoli generosamente alla chiesa per garantire le attività di fede, di tutela della gioventù e ricreazione dei bambini».
La famiglia Gandini ora contesta la decisione della chiesa: «La  Curia, mal informata sui fatti e sugli atti - continua Spadaccini -, ha avallato questo tipo di operazione, permettendo l’alienazione di un bene proveniente dalla donazione di uno dei suoi fedeli e sottoposto a vincolo per consentire alle parrocchie locali – guidate dall'attuale responsabile ecclesiastico don Mauro Colombo – di ottenere denaro liquido per le loro casse in modo da poter provvedere ai costi delle manutenzioni e riparazioni. Anche perché la società immobiliare acquirente non ha tra le proprie finalità quella di realizzare edifici di culto o ricreativi, come invece vincolato dall'atto di donazione, e nel terreno non si ripromette certamente di costruire spazi per la ricreazione dei giovani. Questa operazione è stata inoltre accolta dall'amministrazione comunale, forse in conveniente silenzio, che si è limitata a trascrivere la proprietà e le intenzioni dell’acquirente nella variante al Piano di governo del territorio (Pgt) ben sapendo di poter anch'essa introitare denaro con gli oneri di urbanizzazione, a salvaguardia delle casse comunali. E non saranno pochi i soldi che entreranno nelle casse del Comune per autorizzare la costruzione di una palazzina di 4.000 metri cubi (diciamo almeno 200 mila euro) che la società Gardenia di Tavazzano ha in progetto. Inoltre, per massimizzare gli utili derivanti dalla vendita dei futuri appartamenti, la stessa società Gardenia ha anche chiesto e ottenuto dalla parrocchia una deroga sui minimi di legge dei confini col venditore (dai 5 metri previsti dalla legge ai 3 metri dal confine). Questo appunto  per massimizzare i volumi edificabili ottimizzando gli utili economici dell’operazione (a conti fatti non meno di 2 milioni di euro)».
Secondo Riccardo Spadaccini la chiesa si sarebbe dovuta comportare diversamente: «La Curia ha venduto diversi appartamenti, alcuni indiscutibilmente in cattivo stato di conservazione - illustra il nipote di Piero Gandini -, che hanno portato nelle casse parrocchiali diverse decine o centinaia di migliaia di euro. Una scelta condivisibile nella logica di provvedere immediatamente a una cassa di denaro liquido necessario per le urgenti manutenzioni; ma non tutte le cessioni intraprese sembrano avere una ragione d’oggettivo buon senso perché tra le vendite sono stati alienati anche appartamenti in perfetto stato di conservazione, che se ad esempio fossero stati affittati avrebbero garantito un flusso di cassa nell'immediato più contenuto, ma certamente costante nel tempo e allo stesso tempo avrebbero preservato il valore immobiliare alla Curia e alle parrocchie locali. Sarebbe stato un lungimirante investimento a beneficio delle generazioni future. Oppure la chiesa avrebbe potuto costruire, sul terreno donato da mio nonno, una palestra per esercizio ginnico o spettacoli, conservando la proprietà del lotto e ottemperando contemporaneamente  ai vincoli della donazione espressi nell'atto civile,  garantendo l’utilizzo pubblico alla cittadinanza e generando utili per le casse parrocchiali, utilizzabili poi per la manutenzione degli edifici religiosi, attraverso l’affitto temporaneo a società sportive per saggi, competizioni sportive, manifestazioni o eventi. Sarebbe stata una partenza in debito, certo, ma nel tempo si sarebbe rivelata un successo per tutti».
Ora gli eredi vogliono giustizia: «Al di là di quella che - conclude Riccardo Spadaccini Grecchi - riteniamo sia un’offesa morale agli eredi del donatore (figlia vivente, nipoti e pronipoti), la famiglia si ripromette di impugnare l’atto portando avanti un’azione legale per la revocatoria della vendita in modo da vedersi restituito il terreno a causa del mancato adempimento da parte della chiesa ai patti della donazione, come del resto dovrebbe essere garantito dalla legge. Poi, in caso di esito positivo dell’azione legale, faremo tutte le azioni necessarie a garantire che il terreno venga utilizzato per il benessere e il gioco all'aria aperta delle future generazioni di bambini, in un territorio in cui questi spazi sono sempre meno a causa della crescente urbanizzazione, come voluto dal nostro avo».
7giorni ha dunque sentito in merito Don Mauro Colombo, parroco della basilica minore di San Giovanni Battista, responsabile della gestione economica delle parrocchie San Giovanni, San Gaetano e Carmine.
«Premetto - replica don Mauro - che tutti gli atti amministrativi possono essere fatti dalla parrocchia solo con l’autorizzazione del vescovo ed è importante sottolineare che nessun notaio può fare alcun atto se non c’è l’autorizzazione con decreto vescovile. Anche questa vendita quindi è stata effettuata dopo aver ricevuto l’autorizzazione del vescovo. Nel merito, il terreno donato alla parrocchia è stato venduto per circa 670mila euro, allo scopo di reperire fondi per fare diversi lavori sulle strutture della chiesa San Gaetano; che ormai superano i cinquant'anni e hanno bisogno di ristrutturazioni e lavori di manutenzione. In questo modo si ottempera anche alla volontà di chi ha donato quel terreno, che consiste nell'uso pastorale dello stesso – anche se fisicamente il terreno è stato alienato – perché l’introito verrà usato appunto per i lavori nella parrocchia. Abbiamo venduto a una società immobiliare perché per l’interpretazione della legge è l’introito che deve essere usato a scopi pastorali e non a scopi speculativi o edilizi. La giurisprudenza riflette sul fatto che le esigenze e le finalità date in un certo momento possano anche evolvere nel tempo e dato che la chiesa è in un momento in cui deve alienare il proprio patrimonio perché non ha la possibilità di mantenerlo il vescovo autorizza a vendere un bene della parrocchia per far fronte alle spese di ristrutturazione. Banalmente, se io ho la chiesa che mi crolla e non ho i soldi, dove li vado a prendere? Per chiarire, non facciamo speculazione edilizia, anche se qualcuno lo ha detto. Poi ci possono essere delle polemiche ma è chiaro che negli enti pubblici, come comuni e parrocchie, quando una persona prende una decisione e fa un atto, una scelta, è chiaro che non può avere la maggioranza dell’adesione di tutti; se fai una scelta - conclude il responsabile della gestione economica delle parrocchie San Giovanni, San Gaetano e Carmine - devi prepararti anche al fatto che possa esserci chi dice “non sono d’accordo”».
Elisa Barchetta
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