Coronavirus, il Ministero della Salute chiarisce: «I test sierologici non possono sostituire i tamponi»

Monta ormai da giorni la polemica riguardo alla presunta inattendibilità dei test sierologici. Il Ministero della Salute, messo alle strette, chiarisce alcuni punti oggetto del contendere. Scarica il documento completo in formato PDF

«Nell’attuale fase dell’emergenza COVID-19, assume particolare rilevanza la tematica dei test diagnostici di tipo sierologico, che possono essere utilizzati per la rilevazione di eventuali anticorpi diretti contro SARS-CoV-2. I test sierologici sono utili nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale in quanto sono uno strumento importante per stimare la diffusione dell’infezione in una comunità; la sierologia può evidenziare l’avvenuta esposizione al virus; i metodi sierologici possono essere utili per l’identificazione dell’infezione da SARS-CoV-2 in individui asintomatici o con sintomatologia lieve o moderata che si presentino tardi alla osservazione clinica; i metodi sierologici possono essere utili per più compiutamente definire il tasso di letalità dell’infezione virale rispetto al numero di pazienti contagiati da SARS-CoV-2». Questa la lunga introduzione della nota divulgata dal Ministero della Salute e firmata congiuntamente dal Direttore Generale dei Dispositivi Medici e del Servizio Farmaceutico Achille Iachino e dal Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria Giovanni Rezza. La nota prosegue con una lunga apologia dei test sierologici, per molte settimane incensati ed elevati a antidoto contro tutti i mali presenti, salvo poi dover tornare ad attenersi ai fatti. 

I fatti, per l’appunto, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche in materia di coronavirus (definite come «lacunose»), sono i seguenti: alla data odierna i test diagnostici di tipo sierologico non possono confermare con un grado sufficientemente apprezzabile di esattezza «1. La presenza di anticorpi neutralizzanti in grado di proteggere dalla infezione o malattia; 2. La persistenza degli anticorpi a lungo termine»
Sorge dunque spontanea una domanda: a cosa servono dunque questi sbandierati test sierologici? Effettivamente, di preciso non è dato sapere. Ciò non significa che questi siano inutili né tanto meno dannosi e, in mancanza d’altro, come si suol dire, tentar non nuoce. Sarebbe tuttavia un imperdonabile errore creare eccessive illusioni e aspettative. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) «gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi e attendibili per una diagnosi d’infezione da SARS-CoV-2 rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR per amplificazione di geni virali», ergo “semplici” tamponi. E ancora: «secondo il parere espresso dal Comitato tecnico-scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS». Per concludere «l’assenza di rilevamento di anticorpi non esclude la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e il relativo rischio di contagiosità dell’individuo». Inoltre, come si evince dal documento pubblicato dal Ministero guidato da Roberto Speranza, esistono diverse tipologie di test sierologici, solo i più complessi dei quali avrebbero un grado di attendibilità apprezzabile; i test cosiddetti rapidi, al contrario, «possono solo indicare la presenza o assenza di anticorpi». Il documento ricorda inoltre come «un test anticorpale negativo può avere vari significati: una persona non è stata infettata da SARA-CoV-2, oppure è stata infettata molto recentemente (meno di 8-10 giorni prima) e non ha ancora sviluppato la risposta anticorpale al virus, oppure è stata infettata ma il titolo di anticorpi che ha sviluppato è, al momento dell’esecuzione del test, al di sotto del livello di rilevazione del test. Tali valutazioni confermano che i test anticorpali non possono essere considerati come strumenti diagnostici sostitutivi del test molecolare».

Insomma, stretto nella morsa dei fautori dei test per tutta la popolazione da una parte e i sostenitori dell’inutilità degli esami sierologici dall’altra, il Ministero ha fatto (ha dovuto fare!) chiarezza. Questa presa di posizione non decreta lo stop immediato dei test, che anzi proseguono a ritmo sempre crescente, ma lascia finalmente intendere ciò che i cittadini possono (o non devono) aspettarsi da questo tipo di analisi. La tanto favoleggiata “patente d’immunità”, con la quale le persone sane avrebbero potuto spostarsi in ogni dove senza dover passare attraverso seccanti periodi di isolamento, resta una vaga utopia che, probabilmente, mai prenderà realmente forma. Allo stato attuale sembra quindi di capire che i test sierologici, se effettuati su un campione sufficientemente ampio di popolazione, potranno essere utili non tanto a fini diagnostici quanto più per scopi statistici, grazie ai quali poter anche organizzare una adeguata prevenzione e un mirato intervento delle autorità sanitarie in zone in cui si rilevassero situazioni di pericolo.

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Covid 19 test di screening e diagnostici

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