Lavoro a Milano, un problema da risolvere con urgenza. Flessibilità e precarietà non divengano “sinonimi”!

Eppure, le implicazioni a livello individuale (ovvero i costi personali) di queste forme di lavoro flessibile sono poco esplorate. Da una parte perché l’attenzione si è sempre concentrata sul sistema delle imprese, dall’altra perché alcuni aspetti negativi si possono vedere solo a distanza di tempo. Allora qualche ragionamento.
La flessibilità può essere un’opportunità, se libera e concordata. Per i giovani, ad esempio, potrebbe rappresentare un’occasione per sperimentare le proprie attitudini. Tuttavia, esiste anche una flessibilità per costrizione, caratterizzata da continui cambiamenti di luoghi e di orari che spesso si traducono in precarietà. Dunque è giusto consentire flessibilità, ma è bene ribadire che l’overdose di flessibilità porta a forme di insicurezza non solo nel lavoro, ma nella vista stessa, in quanto rende molto difficile fare un progetto a medio termine. Mi sento anche di affermare che il costante incremento del lavoro atipico risente del perdurare di un clima di incertezza, che induce le imprese ad adottare strategie prudenti di reclutamento. Per rispondere a questi mutamenti, la politica deve trovare risposte a più livelli, che non si limitino a ripristinare la situazione preesistente, ma arrivino a introdurre nuove sfide e innovazioni, che valorizzino la specificità della nostra realtà locale. Per questo, la Provincia può e dovrebbe fare di più, riformando completamente il sistema delle Afol. Infatti, anziché pensare a come allocare i posti dei dirigenti di queste aziende, dovremmo pensare a riformare il loro ruolo, adeguandolo finalmente alla società moderna.