Musei per i videogiochi, parte la campagna di finanziamento

L’idea di Team 17 è quella di trovare fondi e finanziamenti per permettere ai tre musei di videogiochi arcade sparsi per il mondo di continuare a vivere.

Verrà un tempo in cui i videogiochi saranno studiati nei libri di scuola o addirittura per loro saranno istituiti musei. Se per la prima ipotesi siamo ancora molto lontani, la seconda è già diventata realtà.
L’idea è del Team 17, sviluppatore ed editor di videogiochi targato Regno Unito, con sede in Inghilterra, precisamente a Wakefield. È dalle loro mani che è venuto fuori Worms, serie di videogiochi per computer e console che vede come protagonisti dei vermi all’interno di uno scenario casuale e deformabile. Il Team 17 ha deciso di lanciare una campagna di raccolta fondi per finanziare campagne di conservazione degli arcade in tre grandi musei a tema. Il primo è quello spagnolo di Alicante, il Museo del Videojuego Arcade Vintage. Gli altri due sono in Inghilterra, precisamente a Sheffield con il National Videogame Museum, e negli Stati Uniti, con il The Strong di Rochester, nello stato di New York. La campagna porta il nome di Saving The Arcade World e donerà una parte dei primi due mesi di vendite di Narita Boy, di Studio Koba, il nuovo gioco d’azione in pixel art che Team 17 ha lanciato lo scorso anno.
«Come museo a tema, collezioniamo videogiochi perché hanno avuto un impatto sul gioco. Le sale giochi sono arrivate in un momento importante nella crescita dei videogiochi, soprattutto negli anni ’70 e nei primi anni ’80 - ha raccontato Jon-Paul Dyson, vice presidente del museo The Strong  - Erano il modo principale in cui la gente sperimentava i videogiochi e con essi si potevano fare cose inaccessibili ai sistemi domestici».
Il problema attuale è che, con l’avanzare del tempo, le macchine arcade rischiano di deteriorarsi, raggiungendo livelli molto critici e addirittura di non ritorno. E la manutenzione richiede investimenti, conoscenze tecniche specifiche (dall’elettronica al bricolage), necessità di conservazione dell’autenticità. Tutto per permettere ai visitatori un’esperienza realistica, che gli permetta di viaggiare nel tempo e ritrovarsi negli anni 70 attraverso la musica, la grafica, i design tipici di quel momento. «C’è una magia nell’originale, essere in grado di toccare con mano e giocare diventa profondamente significativo per le persone».
Per questo il Museo di Sheffield sta pensando a creare una community di ricercatori, curatori, accademici ma anche semplici appassionati di casinò, slot e videogiochi, per creare sinergie valide in questo senso.
«Negli ultimi 20 anni diverse software house hanno sviluppato slot legate ai temi arcade, per tale motivo - spiegano ai nostri microfoni i redattori del blog Bonusricchi - queste figure potrebbero avere un ruolo chiave per rafforzare queste sinergie e permettere al settore di rivivere una nuova giovinezza mediante l’integrazione delle tecnologie avanzate di cui disponiamo».
Il problema è che la crisi economica dovuta alla pandemia Covid 19 si sta abbattendo anche qui. E così grazie alle donazioni si sono messe da parte 200 mila sterline. Perché i musei non devono mai chiudere. Anche se espongono “solo” videogiochi.