Un pensiero in memoria dell'amico Claudio Ricci

di Moreno Mazzola.
Il tempo ha un valore relativo, quando ci prefissiamo un obiettivo ci sembra distante nel tempo, se ci guardiamo indietro gli eventi, anche quelli più lontani, sono invece così vicini. Dieci anni sono passati e questa distanza temporale non è da me percepita nella sua interezza, l’unica consapevolezza è che dieci anni fa ho perso un amico, un grande amico: Claudio Ricci (nato 15.09.1963, morto 02.11.2003).

Le amicizie più importanti sono quelle che si cementano sin dalle elementari; la nostra è un’amicizia che ha attraversato quasi tutto il percorso scolastico (elementari, medie, superiori), che ci ha permesso di crescere in un confronto continuo su temi anche di una certa rilevanza (politica, economia) passando per quelli più futili (vacanze assieme, uguale fede calcistica l’Inter). Un’amicizia per certi versi esclusiva, quante volte ridevamo essendo solo noi due e pochi altri in piena sintonia sull’argomento, quante volte passavano periodi più o meno lunghi senza frequentarci e alla prima occasione che ci incontravamo era come se ci fossimo lasciati la sera prima. Ancora adesso mi capita di ripensarlo e di non poter credere a quello che è successo e penso che alzando la cornetta telefonica e componendo il suo numero mi risponda lui con le sue battute, la sua capacità di prendere e di prendersi in giro. Oggi che abito e percorro quella via che percorrevo tutti i giorni in mezzo alla campagna per venirti a trovare dopo la scuola, mi capita ancora di guardare il balcone di casa tua sperando di vederti. Chi ha avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo veramente, di discorrere con lui non può che concordare che siamo tutti più poveri, che non abbiamo perso solo un amico, ma abbiamo perso un compagno, nell’accezione più ampia del termine. Voglio ricordalo con un brano inviatomi recentemente da sua sorella, sperando che possa essere di conforto per chi ha perso un caro: "La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace".

La morte di un amico, come la caduta di un pino gigante, lascia vuoto un pezzo di cielo – Allen R. Folley