Il Tribunale di Modena: legittimo sospendere il dipendente no vax. La perdita dello stipendio non è di per sé «irreparabile»
Danno risarcibile «ex post»: il lavoratore deve provare l’indigenza con Isee o buste paga di tutta la famiglia o la compromissione dei diritti alla salute, alla carriera, alla formazione e all’immagine

13 gennaio 2022
Sospeso il dipendente no vax perché la perdita dello stipendio non è
irreparabile: è un danno risarcibile ex post come tutte le lesioni dei
diritti che derivano da rapporti obbligatori. E dunque il lavoratore che
agisce con ricorso d’urgenza e vuole provare l’esistenza del periculum
in mora deve dimostrare che lo stop alla retribuzione determina una
condizione d’indigenza per la sua famiglia oppure la lesione di altri
diritti che come quelli alla salute, alla carriera, alla formazione e
all’immagine professionale. È quanto emerge dall’ordinanza 2467/21,
pubblicata dalla sezione lavoro del tribunale di Modena. Bocciato il
reclamo proposto dalle fisioterapiste presso una residenza per anziani:
ha fatto bene la cooperativa di cui sono socie lavoratrici a esonerarle
dal servizio - e dalla retribuzione - perché non voglio immunizzarsi
contro il Covid. Nessun dubbio che sia escluso il fumus boni iuris per
il ricorso ex articolo 700 Cpc: il datore risponde per l’incolumità
degli ospiti della residenza e dei dipendenti, comprese quella delle due
sospese. Il diritto alla salute, insegna la Corte costituzionale, è
ambivalente: da una parte il diritto all’autodeterminazione del singolo,
dall’altro l’interesse della collettività. Le fisioterapiste sono
inserite in un microcosmo lavorativo: la cooperativa deve tutelare
anzitutto i soggetti fragili laddove il virus ha mietuto tante vittime
nelle Rsa. Senza dimenticare il diritto alla libera iniziativa economica
della società con cui devono confrontarsi le dipendenti. Nella sua
ordinanza, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni
D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,
nel caso in concreto il giudice spiega come, ad esempio, soprattutto
non sussiste il periculum in mora che in un altro caso ha fatto scattare
la “reintegra” del lavoratore no vax (cfr. “Dipendente no vax
reintegrato perché in aziende medio-grandi la sospensione è solo
l’extrema ratio”, pubblicato il 30 novembre). Non giova dedurre la
«perdita di una fondamentale fonte di reddito» senza produrre in
giudizio l’Isee o le dichiarazioni dei redditi di tutti i componenti il
nucleo familiare da cui emergono disponibilità e risorse: soltanto così
si può provare che la perdita dello stipendio viola il diritto a una
vita dignitosa per le lavoratrici sospese e i loro congiunti.
13 gennaio 2022